Santoro: la pace a tutti i costi, diciamo stop all’invio di armi e l’Europa deve contare di più 

Il giornalista oggi all’Aquila e a Pescara: il superbonus ha escluso le zone popolari Amo l’Abruzzo, lo scelgo spesso per le passeggiate e per la sua enogastronomia

Una sfida per la pace, nel segno dell’affinità intellettuale con l’unico vero leader dell’Occidente «Papa Francesco». Michele Santoro ci riprova e lancia la sua lista Pace, terra, dignità, alla quale hanno aderito Rifondazione Comunista, Mera25 Italia e il Movimento Equità Territoriale. Oggi è in Abruzzo per la campagna elettorale in vista delle Europee.
La vostra è una battaglia coraggiosa e ambiziosa. Oggi, la stragrande maggioranza dei Paesi occidentali sostiene che per garantire la pace sia necessario inviare le armi in modo da garantire l’autodifesa. Ci spiega il suo punto di vista?
«Io sono partito dal mio essere giornalista, perché vedevo che sulla guerra c’era un pensiero uniforme, un pensiero unico che dominava all’interno soprattutto dei nostri telegiornali. Non c’era un’informazione adeguata per la gente e mi sono reso conto che bisognava fare qualcosa per spostare l’attenzione generale sul problema. Mi ha sorpreso molto che in sole tre settimane noi siamo riusciti a raccogliere più di 100.000 firme. Non firme digitali come sarebbe normale oggi, ma con un sistema di raccolta medievale. Quindi per un movimento di opinione come il mio un’impresa enorme e questo vuol dire che il vuoto politico che sentivo sulla questione della guerra veniva confermato dalla forza con la quale si è espresso il movimento pacifista. Qui non ci troviamo di fronte a un caso di autodifesa, ma a un’entrata in guerra della Nato. È vero che a combattere sul terreno sono soltanto gli ucraini e lo fanno in molti casi anche con grande eroismo, però è altrettanto vero che quello che era un conflitto tra due nazionalismi, cioè tra Russia e Ucraina, è stato trasformato in un pezzo di guerra mondiale».
Lei cosa pensa di Putin?
«In Italia da una parte si dipinge Putin come una specie di mostro, un sanguinario, e dall’altra parte si sostiene che lui le armi nucleari non le userà mai. Ebbene, è una stupidaggine perché nessuno può sapere oggi che cosa potrebbe fare se messo alle strette. Nel frattempo noi forniamo agli ucraini anche missili a medio-lunga gittata che possono utilizzare all’interno del territorio russo. In tutta questa situazione militare l’Europa non conta assolutamente niente, mentre tutte le decisioni vengono prese dall’asse tra gli Stati Uniti e l’Inghilterra».
In un mondo che si sta spostando a destra, quale impatto può avere sull’elettorato una campagna improntata sul pacifismo?
«L’impatto potrebbe essere enorme e per questo noi in questo momento siamo vittime di una censura atroce. Basti pensare che abbiamo avuto qualche problema con una magistratura eccessivamente scrupolosa, che aveva bloccato la nostra lista. Situazione risolta solo di fronte al numero delle firme. I telegiornali si sono affrettati a dare la notizia della nostra esclusione, ma poi non hanno corretto, tranne Enrico Mentana su La7. Io vedo delle cose durante questa campagne elettorale insopportabili: il Corriere della Sera che sbaglia il nome della lista l’unica volta che riesce a citarla, oppure la Repubblica che pubblica un sondaggio, con un fac simile per illustrarlo, che è quello delle elezioni in Basilicata».
Lei deve portare la sua lista al 4% e non sarà facile. Sta girando l’Italia in lungo e largo. Che sensazioni le arrivano in questa campagna elettorale?
«Le sensazioni che arrivano sono positive, ma io non sono d’accordo che sia così necessario raggiungere il 4% per dire che questa operazione ha avuto successo. Secondo me, se emerge una forza vicina al 3%, sarebbe già importante».
Lei recentemente è stato in Abruzzo, e precisamente all’università di Teramo, per il suo monologo “Pallottole e bugie”. Lei ritiene che gli elettori più giovani siano sensibili al tema del pacifismo oppure rassegnati alla necessarietà dell’utilizzo delle armi per risolvere i confitti?
«I giovani sono indignati e impegnati sulla questione del Medio Oriente, loro la vivono come tema del pacifismo e vanno ascoltati. L’uccisione di tanti bambini non può essere giustificata, così come non può essere giustificato nemmeno l’attacco del 7 ottobre, perché chiaramente si tratta di una reazione spropositata. Ed è così orribile vedere tutti questi bambini uccisi, e poi la distruzione totale delle università e degli ospedali. Ma la politica è diventata sempre meno importante e nei confronti della guerra oggi la lettura si fa dal punto di vista economico-finanziario, ma non solo per gli aspetti della vendita delle armi. Basta pensare a ciò che stanno facendo i cinesi nei confronti degli americani: svendere i titoli di Stato Usa per colpire l’economia a stelle e strisce. Questa è una guerra che non si combatte, è una guerra mondiale a pezzi come l’ha definita l’unico leader mondiale del mondo occidentale, papa Francesco. E ricordiamoci che la maggioranza del mondo non ci segue in questa guerra sciagurata, vedi i brasiliani, gli indiani e la Turchia».
Le candidature del pescarese Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione, di Ilaria Leonardis e Paolo Della Ventura mettono l’Abruzzo al centro della sua battaglia.
«Io penso che noi avremo sicuramente, dopo la campagna elettorale, un grande dibattito che si aprirà non solo fra di noi ma anche con gli altri partiti che in questo momento sembrano inossidabili come il Partito Democratico, i Verdi e Sinistra italiana. È un assemblaggio abbastanza particolare quello che abbiamo di fronte. Noi europei abbiamo interesse a dialogare con tutti, non solo con gli Stati Uniti d’America. Abbiamo bisogno di dialogo soprattutto con la Russia, perché l’Europa con la Russia dentro, diventa la prima potenza economica e politica».
Sul tema del superbonus, che vede l’Abruzzo coinvolto doppiamente anche per il sismabonus, si è fatta parecchia confusione. Oggi abbiamo da un lato costruttori e banche che protestano per la stretta, dall’altro il ministro Giorgetti che è inflessibile sulla necessità dei tagli. Lei cosa pensa del superbonus?
«L’idea che mi sono fatto è quella che non viene comunicata agli italiani, e cioè il fatto che adesso abbiamo un debito sproporzionato, che è il 140% del Pil (Prodotto interno lordo ndr) e che quindi di conseguenza ci sarà il problema di rientrare almeno parzialmente di questo debito. Questo significa che continueremo a essere quelli con i salari più bassi d’Europa, a non avere i soldi per la spesa sanitaria eccetera, eccetera. Oggi il superbonus viene usato dal governo come responsabile del debito, ma sarebbe interessante andare a fare un calcolo esatto, e cioè quanto è costato e cosa poteva offrire ai cittadini. Il principio da cui partiva è il coefficientamento delle abitazioni ed era molto importante dal punto di vista urbanistico. Ho sempre detto che il provvedimento non si rivolgeva all’intera popolazione italiana, perché sarebbe stato bellissimo portare nei quartieri popolari questi fondi».
In passato ha raccontato del suo stretto rapporto con l’Abruzzo, legato anche all’ambiente e all’enogastronomia. Ci torna spesso, quali luoghi preferisce?
«Siccome è molto vicino a Roma, diciamo che per me è un luogo di passeggiate. E poi sono anche molto appassionato della gastronomia abruzzese, da Niko Romito alla Taverna de li Caldora».
La morte di Franco Di Mare ha colpito tutti. Le cause del suo decesso sono legate alle polveri di amianto e ai rischi che la professione di giornalista presenta nel raccontare ciò che accade nei territori di guerra. Lei che idea si è fatto?
«Franco Di Mare lo conoscevo così di sfuggita, ma lo seguivo. Diciamo che solo chi non l’ha conosciuta da dentro può non capire quanta violenza contenga la guerra. Anche noi, tutto sommato, siamo degli osservatori, dei frequentatori e dobbiamo fare anche uno sforzo per raccontare quello che vediamo, mantenendo un atteggiamento distante. Poi, come nel caso di Franco Di Mare, veniamo colpiti e uccisi dalle polveri. Questo insegna che nessuno di noi può chiamarsi fuori. Questa volta voglio che il punto di vista non violento che io rappresento abbia qualcuno che lo possa portare avanti e spero di poter consegnare questa staffetta nelle mani di gente più giovane che continui la mia battaglia».
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