Appalti al rialzo, la polizia in ospedale

Inchiesta sul rialzo da 2,6 a 7 milioni per l’apertura di un cantiere. Blitz negli uffici per i documenti sulla ristrutturazione dell’ala materno-infantile. Dietro l’incarico lasciato anche la protesta dei dipendenti per i limiti imposti alle pause

PESCARA. Atti sequestrati dalla polizia, il prezzo di un appalto che si moltiplica con una firma, la lotta contro i dipendenti fannulloni per scoprire chi bara sulla pausa caffè e sigaretta. Si fa irrespirabile l’aria dell’ospedale di Pescara. Le dimissioni di Tea Di Pietro da direttrice amministrativa sono benzina su un cerino acceso: dieci mesi dopo la nomina, la dirigente ha lasciato l’incarico.

Le dimissioni di Tea Di Pietro, chietina, 60 anni, nominata al vertice della struttura amministrativa della Asl di Pescara il 13 marzo 2009 dal manager Claudio D’Amario, sono l’ultimo atto di una catena di avvenimenti che interessa l’ospedale civile.

I SEQUESTRI
. La sanità pescarese, dopo lo scandalo del distretto sanitario di Scafa con la richiesta del pm Gennaro Varone di rinvio a giudizio per 16 persone, resta l’osservata speciale dagli investigatori. La polizia ha concentrato le indagini sugli appalti per i lavori all’ospedale: gli agenti si sono presentati nel palazzo della Asl di Pescara per acquisire documenti su documenti. «Un viavai incessante, una presenza costante ma discreta», secondo i dipendenti. L’ultima acquisizione di atti risale all’inizio del 2010.

L’APPALTO
. Sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori, anche a causa di una denuncia presentata da una ditta rimasta fuori dalla torta, sarebbe scivolato l’appalto per la ristrutturazione del polo materno e infantile. Un appalto che, dopo l’affidamento a una ditta, sarebbe lievitato dalla cifra di partenza di 2,6 milioni di euro a 7 milioni. Ma il manager D’Amario ha dato lo stop all’appalto finito sotto accusa: la decisione è stata ratificata con una delibera firmata il 25 gennaio. L’area tra via Paolini e via Rigopiano resta un cantiere aperto.

IL REGOLAMENTO
. La prova che all’ospedale si cammina su un terreno minato è il braccio di ferro tra la direttrice amministrativa Di Pietro e il personale. Il primo gennaio 2010, dopo la fase di concertazione, è entrato in vigore il «regolamento per la disciplina dell’orario di lavoro del personale dipendente non dirigente»: un documento, voluto in primis dalla direttrice amministrativa dimissionaria, per mettere alla berlina i dipendenti fannulloni. Un’operazione legittima che, però, ha provocato la protesta dei dipendenti e aperto una breccia nel fronte sindacale: «Ciascun dipendente», recita l’articolo 1 del regolamento, «è tenuto a rispettare l’orario di lavoro, adempiere alle formalità previste per la rilevazione delle presenze e a non allontanarsi e/o assentarsi dalla propria postazione lavorativa senza autorizzazione». Il regolamento apre la strada alle sanzioni: «Ogni assenza dal posto di lavoro, totale o parziale, che non sia formalmente giustificata, si traduce nella attivazione, da parte del dirigente responsabile, delle procedure disciplinari normativamente previste. Si commette illecito penale, disciplinare e danno erariale se ci si assenta senza obliterare il cartellino, omettendo di farsi autorizzare e non provvedendo al recupero del lasso di tempo fruito, nonché se si registra l’assenza e/o la presenza con il cartellino altrui».

I SINDACATI
. Ma per i sindacati del comparto sanità, il braccio di ferro con i dipendenti non basta a giustificare le dimissioni di Di Pietro: motivi familiari, avrebbe detto l’esperta direttrice. Il manager D’Amario ha spiegato di non aver ricevuto comunicazioni ufficiali: oggi la lettera di dimissioni potrebbe arrivare sul suo tavolo. (p.l.)