Bettega: vai papà, risolleva la Juve

"E’ innamorato dei colori bianconeri, non vedeva l’ora di tornare in sella". Il centrocampista della Valle del Giovenco a ruota libera: dal genitore illustre al campionato di 1ª divisione

AVEZZANO. Alessandro Bettega ha vissuto in prima persona il ritorno alla Juventus del padre, Roberto. Ha lasciato la Valle del Giovenco, per le vacanze di Natale trascorse a Torino, domenica 20 dicembre. E nell’ultima settimana ha seguito l’evoluzione della trattativa chiusa mercoledì sera con la firma e con l’incarico ufficiale di vice direttore generale.

E domenica ha fatto le valigie per tornare ad Avezzano nel giorno del 59º compleanno del padre che sarà presentato lunedì mattina dalla Juve, a Vinovo. Proprio mentre lui, centrocampista biancoverde, tornerà ad allenarsi con i compagni in vista della ripresa del campionato di Prima divisione prevista per domenica 10 gennaio, quando allo stadio Dei Marsi andrà in scena Valle del Giovenco-Cosenza.

Alessandro Bettega, è contento papà?

«Sì, è contento. Lui è innamorato della Juventus e non vedeva l’ora di tornare in sella».

Di che cosa si occuperà precisamente?

«Da quello che so e da quello che ho letto sui giornali, farà quello che faceva prima».

Anche lei è tifoso della Juve?

«Tifosissimo!».

E quale idea si è fatto della crisi bianconera?
«Da tifoso sono deluso, che cos’altro dovrei dire? Ma sono uno che vive in questo mondo e, quindi, l’analisi deve essere diversa. Meno emotiva. Il gap con l’Inter non si colma dall’oggi al domani. Occorre tempo. Ci servono i giocatori, ma ai nuovi va data la possibilità di ambientarsi nella realtà e di integrarsi con la squadra. Bisogna avere pazienza, anche se ti chiami Juve e la gente pretende tutto e subito. Il problema è diverso, a mio avviso: è stato creato troppo entusiasmo attorno alla squadra all’inizio».

Ferrara sì o Ferrara no?

«Bella domanda! Se una società prende un allenatore giovane e ci crede gli deve dare tempo. Anche a lui. Oggi come oggi, non hai scelta. Che cosa fai? Cambi tecnico per prendere chi?».

Alla Valle del Giovenco, che ha cambiato due volte l’allenatore, Ferrara non avrebbe avuto scampo.
«Bella battuta, ci sta tutta. Sì, penso proprio di sì: Ferrara qui sarebbe stato già esonerato».
E giù una risata fragorosa.

Papà ha compiuto 59 anni, che cosa gli ha regalato?

«Un accappatoio, ne aveva bisogno. Gli ho fatto gli auguri prima di partire. L’ho visto contento anche se il compito che l’aspetta non è facile».

Lei è cresciuto nelle giovanili con una Juve che dettava legge in Italia e andava bene in Europa.
«Ci vorrà tempo prima di tornare a dominare la scena. Nel calcio non si improvvisa dall’oggi al domani».

Suo padre avrà ancora meno tempo per seguirla.
«In questa stagione qualche volta è venuto a vedermi, a Reggio Emilia e a Ravenna. Adesso penso proprio che abbia altro a cui pensare».

Che cosa gli ha detto prima di partire?
«Niente di particolare, è mio padre: sono felice nel vederlo felice».

Lei invece?
«Ho chiuso l’anno in crescendo, trovando maggiore spazio in squadra».

Ha cambiato più volte squadra nel 2009.
«All’inizio dal Ravenna al Pizzighettone per giocare di più. E, poi, in estate sono venuto ad Avezzano».

Due cambi di allenatore in poco tempo nella Valle del Giovenco.
«Mi stavo ambientando con il primo (Carlo Perrone, ndr) che subito è arrivato il secondo (Roberto Cappellacci, ndr) con il quale ho trovato poco spazio. D’altronde ognuno fa le sue scelte e se ne assume le responsabilità. Io ho continuato ad allenarmi, sono rimasto tranquillo. E quando è arrivato Bonetti ho subito colto al volo la possibilità che mi è stata concessa».

Dapprima uno spezzone con il Foggia e poi titolare a Giulianova.
«Credo stia andando bene, almeno a livello personale».

La squadra no.
«Ci manca qualche risultato. La nostra classifica è inferiore alle aspettative».

Che cosa chiede al 2010?
«La possibilità di giocare e di dimostrare il mio valore. Per la squadra, di migliorare la posizione di classifica».

Come?

«Attraverso il gioco e i risultati. Per riuscirci abbiamo bisogno di maggiore cattiveria agonistica. Possiamo solo fare meglio senza però perdere di vista l’umiltà necessaria per fare bene in queste categorie».

Prima l’amichevole del 3 gennaio a Vasto e poi la sfida di campionato con il Cosenza.

«Dovremo essere meno belli e più pratici d’ora in avanti. Le chiacchiere stanno a zero».

Vale anche per la Juve?
«Vale per tutti».