Cicchitto: «Mai ricevuto soldi»

Il capogruppo dei deputati Pdl ha negato tutto davanti ai magistrati.

PESCARA. I siluri scagliati da Maria Maurizio nei confronti dell’ex marito colpiscono anche altri bersagli lungo il loro percorso. Il memoriale dell’ex signora Aracu fa finire sotto inchiesta il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto, il quale, già interrogato su sua richiesta dai magistrati pescaresi di Sanitopoli, ha respinto ogni accusa. La procura lo ha indagato per ricettazione sulla base del dossier e dei successivi interrogatori della supertestimone, i cui affondi rischiano però di trasformarsi in boomerang. Perché Maria Maurizio ha messo per iscritto - e poi ripetuto a voce davanti ai magistrati - le confidenze che il marito le avrebbe fatto quando tra i due il rapporto era lungi dal naufragio. L’ex coordinatore regionale azzurro le avrebbe rivelato di avere consegnato 500mila euro all’anno a colui che la donna riteneva il padrino politico di Aracu: lo scopo era di «conservare l’incarico di coordinatore regionale».

NIENTE PROVE. Ma la superteste non fornisce prove e offre così il fianco a controdenunce per calunnia, peraltro subito annunciate da Cicchitto. Porta a conoscenza dei pm le “soffiate” dell’ex coniuge, precedenti alla tempesta che ha spazzato via il matrimonio deflagrando ben oltre la sfera privata, ma va avanti per deduzioni, che alla sostanza dei fatti - di fronte alle smentite secche e sdegnate di Aracu - rischiano di arenarsi lì. Accusa l’ex marito di avere corrotto funzionari pubblici, ma soprattutto di avere chiesto e ottenuto dalle case di cura private somme che «di solito si aggiravano intorno al milione per clinica», da dividere con Cicchitto. L’effetto è stato dirompente e ha provocato la reazione dei vertici del Pdl, che hanno fatto quadrato intorno a Cicchitto. Del quale non c’è prova che abbia chiesto soldi, e nessuno d’altra parte lo ha mai affermato.

RICETTAZIONE. Allora, perché la ricettazione? Perché Cicchitto, stando al j’accuse tutto da provare dell’ex signora Aracu, avrebbe ricevuto quei 500mila euro l’anno frutto di un reato - la concussione, insomma le tangenti - al quale non avrebbe mai partecipato. La procura lo ha indagato come atto dovuto, sulla base delle parole della Maurizio, in attesa di verificare meglio la sua posizione. Quei soldi sarebbero arrivati da Vincenzo Angelini, l’imprenditore della sanità privata e Grande Accusatore che 12 mesi fa con le sue dichiarazioni («Ho pagato 15 milioni di tangenti») ha decapitato la giunta regionale di centrosinistra guidata da Ottaviano Del Turco e che un anno dopo - messo alle strette dai pm dopo il memoriale della Maurizio - ha spostato il mirino verso il Pdl. Angelini avrebbe pagato fino a quando ha deciso di scavalcare Aracu e di recarsi personalmente a Roma per versare 500 mila euro - ufficiali e regolari - nelle casse di Forza Italia. Un modo per accreditarsi direttamente dai vertici del partito senza bisogno di intermediari. Ai magistrati Angelini, l’uomo che parla a rate, ha rivelato di avere messo nelle mani di Aracu mezzo milione di euro, gioielli e regali.

L’INTERROGATORIO. Quando le rivelazioni di Angelini sono finite sui giornali, Cicchitto si è mosso, chiedendo e ottenendo di essere interrogato dal procuratore Nicola Trifuoggi e dai pm Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli. Si è presentato con il suo legale e ha escluso categoricamente di avere mai ricevuto soldi da Aracu. Non solo Cicchitto, però. Perché Maria Maurizio è andata oltre e ha tirato in ballo anche il senatore del Pdl Filippo Piccone. Anche da lui Aracu avrebbe preso soldi, ha raccontato la superteste: 600mila euro, il prezzo per diventare senatore, di cui 150mila euro trasferiti a Cicchitto. Ma 600mila euro sono molti di più di quelli che prenderebbe un senatore per un’intera legislatura. L’ex signora Aracu non ha fornito riscontri neanche su questo e Piccone non è stato neppure indagato.