Corruzione e Megalò 3, l'intercettazione: "A Di Primio promessi soldi per la campagna elettorale"

Il sindaco di Chieti accusato di aver agevolato Megalò 3 per conto di un cliente di studio

CHIETI. L’accusa è corruzione. La difesa invece è: «Avrò tempo per spiegare ai cittadini. Non mi tiro indietro, vado avanti con la campagna elettorale. E non credo che sia giustizia a orologeria». Così dice Umberto Di Primio, sindaco uscente e ricandidato dell’Ncd alle comunali di maggio a Chieti, coinvolto nell’inchiesta stralcio a quella del traffico di rifiuti. Ad accusarlo è un’ intercettazione telefonica in cui si ritrova a parlare con un cliente del suo studio legale: «E’ un mio caro amico», dice il sindaco a microfoni spenti. Il “caro amico” è l'imprenditore Enzo Perilli che dai Colanzi rileva il terreno di Santa Filomena puntando dritto a realizzare il Megalò 3. Così Di Primio si ritrova a rivestire un doppio ruolo: è il sindaco che deve autorizzare e, al tempo stesso, è il legale di fiducia dell’imprenditore.

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L’accusa sostiene che Perilli avrebbe promesso a Di Primio: «Una serie di utilità economicamente apprezzabili quali un sostegno, non meglio quantificato, per la campagna elettorale in vista delle elezioni amministrative del 2015 per il rinnovo del consiglio comunale di Chieti. E la promessa di un sostegno economico, non meglio quantificato, per risolvere le sue pendenze debitorie». Di Primio aveva o ha debiti da onorare? Lui, sempre a taccuino chiuso, ribatte: «Non ho alcun debito».

Ma sul capo d’imputazione, tutto ancora da dimostrare, i pubblici ministeri della Dia aquilana, Picuti e Mancini, ipotizzano il contrario, lo definiscono un “corrotto” e indagano, in questo filone bis, anche un terzo personaggio chiave: il segretario generale dell'Autorità di bacino, Michele Colistro, subentrato all’improvviso in questo delicato ruolo ad Angelo D’Eramo e che, ufficialmente, non si è mai pronunciato contro il Megalò 3 di Perilli, titolare della Akka, società proprietà del terreno su cui avrebbe dovuto sorgere il complesso e socio di fatto dei Colanzi.

Ma chi è Colistro? E’ un ingegnere, ex colletto bianco della pubblica amministrazione. Arriva dal ministero delle Infrastrutture, dov’era stretto collaboratore del vice ministro Ugo Martitat. Nel 2011 fu assolto in un processo per presunte tangenti legate all’Alta velocità e a opere per le Olimpiadi del 2006 di Torino. L’11 febbraio del 2013, l’ex giunta regionale di Gianni Chiodi lo nomina all’Autorità di bacino. E come primo atto dice no al Megalò 2, della società confinante Sirec. Ma sul 3 si comporta diversarmente.

Scrive l’accusa: «Di Primio, allo scopo di permettere la realizzazione del progetto imprenditoriale di Perilli, si impegnava ad adottare e a far adottare dai competenti uffici comunali tutti i provvedimenti amministrativi di competenza quali il rilascio dei permessi a costruire e inoltre promuoveva e votava favorevolmente la delibera di giunta comunale», con la quale il Comune si schierava in giudizio assieme al privato per contrastare il provvedimento del Genio Civile che chiedeva il ripristino delle condizioni ambientali del luogo.

A dar man forte all'operato di Di Primio ecco quindi Colistro che: «Emetteva un parere» attraverso il quale «in merito alle variazioni morfologiche dell’area, l'esame della documentazione in possesso di questa Autorità fa ritenere che l'area de quo non è soggetta a rischi idraulici». E riceveva in cambio da Perilli: «Una carta Posta pay ricaricabile, l’uso di un immobile in via D’Azeglio a Montesilvano e incarichi professionali». Che cosa decidera ora Luciano D’Alfonso su Clistro? Lo lascerà al suo posto? E come si difende il sindaco?

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«Nel corso della perquisizione effettuata nel mio domicilio e nell'ufficio del Comune ho messo a disposizione della polizia giudiziaria tutto quanto era in mio possesso, documenti e supporti informatici. Pur se per professione sono abituato a vivere situazioni come quella capitatami questa mattina (ieri, ndr), non posso negare il dispiacere nel vedermi tirato dentro un’indagine le cui circostanze, in parte non conosco, mentre per le altre, quelle che mi riguarderebbero, mi vedono assolutamente sereno perché convinto di aver fatto tutto nel massimo della regolarità senza aver creato vantaggio per alcuno, né aver ottenuto alcunché. Il mio primo pensiero va alla mia famiglia e alle tante persone che credono in me e che, inevitabilmente, loro malgrado, saranno toccate da questa vicenda». La conclusione è amarissima perché è riferita alla compagna del sindaco e collega del suo studio che seguiva la pratica Perilli.