Così l’elicottero “Grifo” vigila sulla nostra salute 

Il Centro con la squadra aerea del 118 che interviene per il recupero dei feriti  Un team affiatato di 43 professionisti, sempre in sintonia, per salvare le vite  

PESCARA . Arrivano tra le 7 e le 7,15 di ogni mattina, il tempo di un saluto, di uno sguardo, poi vanno a indossare tute e imbracature. Alle 7.30 sono operativi, e da quel momento attendono solo che il campanello inizi a trillare: tempo 10 minuti e i cinque uomini dell’equipaggio di Grifo 69 sono in volo. “Grifo 69”, è il nome operativo dell’elicottero Leonardo Helicopters - AW169 in servizio nella base dell’elisoccorso di Pescara Hems (Helicopter emergency medical service) che dallo scorso primo agosto è operativo anche in ambiente montano. La sede è all’aeroporto d’Abruzzo.
UN LAVORO DURO. In Abruzzo oltre a quello di Pescara un altro mezzo di elisoccorso è a all’Aquila. Eccellenze della nostra regione. È un lavoro difficile quello degli operatori dell’elisoccorso, difficile e rischioso, che ha bisogno di sicurezze, meticolosità, preparazione e fiducia l’uno nell’altro.
Cinquecentotrenta sono gli interventi annui, di cui il 70% primari cioè diretti sull’evento richiesto.
I MAGNIFICI 43. Il nuovo assetto è costituito dal pilota, tecnico di volo (siedono nella cabina di pilotaggio, il primo a destra e l’altro a sinistra), medico rianimatore, infermiere specializzato e tecnico elisoccorso del soccorso alpino.
Complessivamente, turnano dieci infermieri, nove medici (Asl Pescara e Chieti), sei piloti, due tecnici di volo e sedici tecnici del soccorso alpino. Poi bisogna aggiungere la squadra a terra: Enrico Di Sigismondo, coordinatore infermieristico 188, il capo dipartimento Emergenza urgenza Alberto Albani, il comandante Alberto Fraiolo referente Abruzzo della BabCock, e il responsabile coordinatore regionale tecnici elisoccorso Cnsas Abruzzo, Fabio Manzocchi.
TUTTI PER UNO. «Condizione essenziale» afferma l’infermiere Giuseppe Gentile «è che tutti si devono fidare l’uno dell’altro, ci deve essere sintonia, ognuno ha il suo compito. Chi sbaglia, sbaglia per tutti».
Oltre a essere capaci di operare sul paziente, dice Rosario Pezzella, medico rianimatore e referente della base elisoccorso «abbiamo dovuto adattare la nostra professione all’aeronautica e al soccorso alpino».
GLI STRUMENTI. A bordo, tra le altre cose, ci sono: un defibrillatore, un respiratore automatico, uno zaino del soccorso alpino, uno del medico e un altro dell’infermiere.
NELL’HANGAR. Tutte le mattine è sempre la stessa routine, però la ripetitività non è un fattore alienante, ma essenziale per la buona riuscita del servizio. L’equipaggio svolge una ckeck-list, una lista di controllo per minimizzare i potenziali rischi dell’attenzione umana. Poi si passa a un briefing che si svolge intorno all’elicottero, serve per ripassare le procedure: cosa facciamo in caso di pioggia, cosa se dobbiamo atterrare su una strada, cosa se dobbiamo fare un soccorso in montagna. Poi c’è il controllo tecnico dell’elicottero.
FINE TURNO. A chiusura della giornata (le operazioni finiscono al tramonto del sole) si svolge un de-briefing, un riepilogo e valutazione della giornata trascorsa, poi entra in gioco la parte tecnica, una ispezione, una valutazione e verifica dello stato di efficienza dell’elicottero. «Tutto questo serve per tenere alta la funzionalità e migliorare il servizio» sostiene Enrico Di Sigismondo.
ARRIVA LA CHIAMATA. Nell’hangar il campanello dà l’allarme, attivato dalla centrale operativa: qualcuno ha bisogno del elisoccorso. È il pilota che deve rispondere. Gli viene data la geolocalizzazione, il cosiddetto “target” dell’evento.
Ognuno prende il proprio posto a bordo, in meno di 5 minuti l’elicottero si libra in volo. Durante il viaggio la sala operativa (ogni Provincia ha la sua) continua a fornire ulteriori informazioni operative e sanitarie. A bordo c’è silenzio, non si interferisce.
L’EMERGENZA. Individuato il luogo dell’intervento, il pilota effettua una piccola ricognizione aerea e si decide che tipo di strategia attuare; per essere il più vicino al target si usa anche il verricello. Il personale è abilitato ad agire in “hovering” che consiste nello stazionamento in volo, sostentato, a velocità nulla e quota costante, una manovra rischiosa. Una volta a terra entra in azione il soccorso sanitario, il paziente va stabilizzato, imbarcato sull’elicottero, trasportato all’ospedale più idoneo. Nel caso di soccorso in ambienti impervi o ostili con il verricello per primo scende il tecnico del soccorso alpino che valuta il conteso del terreno e, se necessario, procede alla messa in sicurezza del terreno per far agire al meglio i sanitari.
LO STATO D’ANIMO. Rispondono all’unisono gli operatori dell’elisoccorso: «Ogni volta è una prima volta. Quando suona l’allarme c’è adrenalina che serve da attivazione interna. Siamo addestrati a lavorare in emergenza ma c’è sempre tensione è quella condizione che ci permette di salvare la vita degli altri e di portare a casa ogni sera, dai nostri cari, la nostra». Le prossime sfide saranno l’auspicabile prosieguo del servizio nell’arco notturno con l’ausilio dei Visori Notturni “Nvg” (night vision goggles).