D’Alfonso rompe il silenzio In cento dall’Abruzzo alla prima uscita pubblica

Politici, cittadini e dipendenti comunali a Campobasso Il governatore Iorio: riscuote simpatia e considerazione.

CAMPOBASSO. Attorno alle 18.30, la sintesi della situazione la fa, con una battuta fulminante, mentre si guarda intorno stupito, il sindaco di Termoli Vincenzo Greco: «È una specie di trasporto erotico, una forma di idolatria. Ma», scherza, «è giusto idolatrarlo». Nella splendida aula magna del convitto Mario Pagano di Campobasso, dove Luciano D’Alfonso smette i panni silenziosi di funzionario Anas e fa la sua prima, vera uscita pubblica dopo il ciclone giudiziario, c’è una folla di ex assessori e consiglieri comunali, sindaci arrivati dalla provincia di Pescara, dipendenti del Comune in carica o ormai a riposo che si allungano verso l’ex sindaco. Tutti si allungano verso l’ex sindaco mentre entra nella sala illuminata da tre giganteschi candelabri a nove luci. Chi gli stringe la mano, chi lo abbraccia, chi si mette in posa con lui davanti al fotografo: «Luciano, un bacio, un bacio».

Per raggiungere Campobasso, due ore di tragitto da Pescara - autostrada fino a Termoli, poi una superstrada che attraversa una piana fertilissima addolcita da basse colline - cinquanta persone hanno scelto il pullman organizzato dall’ex assessore alle Politiche della casa Alberto Balducci, altri hanno preferito la macchina. «Siamo venuti per il piacere di rivedere un amico», spiega Balducci con il sorriso infilato tra i baffi, «per stare a contatto con un politico che è una spanna sopra gli altri sul piano culturale e amministrativo». E così si sono mosse forse un centinaio di persone, nonostante l’invito di D’Alfonso, arrivato a molti via sms nelle settimane scorse o diffuso attraverso il tam-tam dei fedelissimi, fosse piuttosto nebuloso: «Il 13 novembre faccio una cosa pubblica a Campobasso, terrei alla tua molteplice presenza».

L’evento, in realtà, è la presentazione del libro che Paolo Mastri, capocronista del Messaggero, ha dedicato al devastante terremoto del 6 aprile, «3.32 L’Aquila - Gli allarmi inascoltati», ma a richiamare la folla di abruzzesi è la presenza dell’ex sindaco che, in abito scuro e cravatta azzurra attraversa la sala come una sposa, presentando con nome, cognome e incarico agli amici arrivati da Pescara gli amministratori molisani, a partire dal presidente della Regione Michele Iorio, che come gli altri ha risposto al suo invito. «Mi vogliono bene perché cerco le soluzioni ai problemi», è la sua unica dichiarazione. «Confesso che siamo in pellegrinaggio», ride Adele Liberi, ex funzionaria del Comune di Pescara, dal 7 giugno in pensione, abbracciando la consigliera del Pd Paola Marchegiani: «A me lui manca, ma al di là di questo, sento molto la solidarietà, non si abbandonano le persone nei momenti peggiori. Dal Comune saranno arrivati almeno una cinquantina di dipendenti, e in realtà molti pensavano che oggi si presentasse il libro di D’Alfonso».

A pochi minuti dall’inizio della manifestazione, invece, nessuno sa se l’ex sindaco prenderà la parola. L’ex assessore Adelchi De Collibus ironizza: «Non parla? Essendo tutti innamorati, lo guarderemo e sentiremo il suo pensiero». Poi serio: «Di lui ci manca la capacità di guardare al futuro senza trascurare il presente». Fino alla fine, D’Alfonso ha cercato di evitare la presenza dei giornalisti annunciando: «Non parlerò, sarò solo un uditore attento». È stato il suo avvocato Giuliano Milia, in questi mesi, a tenerlo a freno, invitandolo a evitare interviste ed esternazioni, ma a quasi un anno di distanza dall’arresto e alla vigilia dei processi, l’ex leader del Pd abruzzese scalpita e lancia segnali che potrebbero annunciare il ritorno sulla scena politica. Forse non domani, ma presto. «Sicuramente è una persona che riscuote simpatia e considerazione, e una persona di questo tipo continua sempre a fare politica», dice di lui il governatore Iorio.

Nega però che l’ex sindaco di Pescara sia in lizza per l’incarico di super-manager regionale: «No, solo chiacchiere, e neppure credo che vorrebbe farlo. Ma lo ascolto spesso e apprezzo le sue capacità di trovare soluzioni, c’è una forte collaborazione con lui sull’attività dell’Anas per i progetti strategici come l’autostrada Termoli-San Vittore». In platea ci sono anche alcuni maggiorenti del partito, come l’ex assessore regionale Donato Di Matteo, che però si schermisce: «Sono qui solo per un interesse culturale, per assistere alla presentazione del libro di Mastri. Ormai non faccio più attività politica, mi sono ritirato. Sono un semplice militante. Sono venuto per diletto, anzi, ho pure comprato pure un ottimo caciocavallo». È un ex che conta, però, Di Matteo, così come D’Alfonso, che dopo le schermaglie per il congresso nazionale e le divisioni di mozione (Bersani il primo, Franceschini il secondo) si ritrovano ora uniti nel sostegno al sindaco di Abbateggio Antonio Di Marco che corre per la segreteria provinciale contro il candidato di Giorgio D’Ambrosio, l’uscente Antonio Castricone.

I volti noti sono molti: ci sono Antonio Di Marco, Antonello Linari, i sindaci di Scafa Dino Marangoni, di Lettomanoppello Giuseppe Esposito, di Serramonacesca Andrea Di Meo, di Caramanico Mario Mazzocca, l’assessore di Salle Maurizio Fonzo, l’ex vice sindaco di Sant’Eufemia Mariella Di Pietrantonio, l’ex assessore comunale Roberto De Camillis, lo scrittore Giacomo D’Angelo, il regista Claudio Di Scanno, altri si mescolano alla folla. Spetta al rettore dello storico convitto, Guido Balletta, aprire i lavori, e lo fa rivolgendosi a D’Alfonso: «Sono stupito e sorpreso di vedere tanti abruzzesi, credo che il merito vada alla persona che ha avuto il merito di coinvolgerli. Speriamo che questo carisma possa avere una ricaduta anche sul nostro Molise».

Al tavolo degli oratori, assieme all’autore del libro e al presidente Iorio, ci sono il vice sindaco di Campobasso Giuseppe Cimino, Gianni Di Giandomenico, docente universitario ed ex presidente della giunta regionale, il responsabile della Protezione civile regionale Giuseppe Giarrusso. La sala, impreziosita da tele che raccontano la vocazione contadina del Molise, con i tratturi, gli aratri, gli armenti al pascolo, è stracolma. Parla Mastri, ripercorrendo la via crucis del terremoto; parla Giarrusso, ricordando l’impegno della Protezione civile del Molise in Abruzzo, nel campo di Arischia. Dice Di Giandomenico rivolto al pubblico: «La vostra presenza mi fa capire quanto Luciano D’Alfonso fosse radicato in Abruzzo: adesso lo è anche in Molise, credo che i politici locali comincino a preoccuparsi». Quando prende la parola, D’Alfonso pesa ogni termine uno a uno: «Parlo da cittadino non indifferente», sottolinea. Per lui, il governo del territorio non può prevedere norme dettate dall’emergenza.

La ricetta, per l’ex sindaco, è fatta di tre elementi: una norma salva-suolo, una zonizzazione attenta che stabilisca quali siano le aree non edificabili e l’obbligo del fascicolo del fabbricato, che contenga la storia di ogni singolo edificio. Meno di dieci minuti di intervento, con il condimento del solito linguaggio creativo (le cavità del sottosuolo di Napoli sono «i buchi creati dalla natura e dal Signore») e le consuete citazioni a effetto, come quella di Silone: «Dove sputa un popolo nasce una cattedrale», per intendere che solo con il coinvolgimento della collettività è possibile colmare il divario tra le possibilità di intervento dello Stato e le necessità dei cittadini: «La cifra di questo atteggiamento è nella figura del civil servant Guido Bertolaso», chiosa, rendendo omaggio al capo della Protezione civile, con cui da sindaco ha dialogato spesso. Meno di dieci minuti in tutto, conclusi da un lungo applauso che scioglie in gioia la tensione dei cento arrivati dall’Abruzzo. «A molti piace pensarlo in esilio, ma non lo è», fa De Collibus. Più in là, D’Alfonso prende sottobraccio il governatore Iorio e scompare con lui in un lungo corridoio.