E' in Abruzzo l'elisir di lunga vita, ed è lo "sdijuno" dei contadini

Lo conferma una ricerca dell'Università di Teramo, è il pranzo abbondante di metà mattinata che fa parte della cultura rurale. Risultati e tradizioni riprese da VanityFair

PESCARA. "Il segreto per campare cent'anni viene dall'Abruzzo": è con queste parole che la nostra regione torna a trovare visibilità sulla Rete grazie alle sue tradizioni e soprattutto alla sua alimentazione che proviene dalla cultura contadina. L'occasione è un articolo del settimanale VanityFair.it sulla ricerca "CenteNari" dell'Università di Teramo sui segreti dei centenari d'Abruzzo presentata due mesi fa e che conferma che è anche lo "sdijuno" il segreto della lunga vita. Uno studio di cui si è già occupato Il Centro.

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Sì, lo sdijuno e cioé il pranzo abbondante di metà mattinata dei contadini abruzzesi, per loro da secoli il pasto portante dell’intera giornata. La ricerca tratta le abitudini alimentari e le caratteristiche metaboliche della gente abruzzese tra i novanta e i cent’anni. E lo sdijuno, insieme a fattori ambientali e genetici, appare l'ideale nelle diete moderne.

Il titolo dell'articolo su VanityFair.it

"Secondo i ricercatori dell’università di Teramo esiste un nesso inconfutabile tra l’aspettativa di vita di questa specifica popolazione rurale e il suo tipo di dieta quotidiana", scrive Maurizio Di Fazio nel suo articolo su Vanity Fair, ricordando che sono oltre 150 i comuni abruzzesi che vantano un tasso di longevità uguale, se non superiore, a quello di Villagrande, il borgo sardo famoso per il suo numero record di centenari. "In particolare si vive a lungo nelle aree interne dell’Abruzzo. A ridosso dei parchi del Gran Sasso e della Majella, e nella Marsica. Questi ultranovantenni hanno un’usanza in comune: praticano lo sdijuno fin da quando erano ragazzini, e andavano a lavorare duramente la terra".

Nell'articolo viene riportata la testimonianza, il ricordo di un'anziana, nonna Carina, 90 anni, di Collecorvino: «Ci alzavamo verso le 5/5.30 e facevamo colazione. Poi intorno alle 10,30/11 arrivava il piatto più importante del giorno, che consumavamo direttamente all’aria aperta, nei campi. Un pasto unico e ipercalorico composto da: pane, formaggio, prosciutto, uova al sugo, frittate coi peperoni, minestra, tagliatelle fatte in casa in brodo, vino. Ci bastava per il resto delle 24 ore. A cena non mangiavamo praticamente nulla: al massimo, qualcosa di frugale poco prima del tramonto. Un’insalata, qualche verdura. E poco dopo a letto. Facevano così anche i miei genitori, i miei nonni, i miei bisnonni, i miei vicini di casa. I dolci? Al bando. E continuo a onorare questo rito anche oggi, che passo le mie giornate a casa».

«Lo sdijuno mattutino abruzzese è perfettamente in linea con le più recenti evidenze scientifiche, che hanno rimarcato l’importanza di concentrare i pasti della giornata e soprattutto di limitare l’apporto calorico la sera, quando il metabolismo rallenta – spiega nell'articolo Mauro Serafini, docente di alimentazione e nutrizione umana alla facoltà di Bioscienze dell’università di Teramo -. Sulla base di queste premesse, lo sdijuno si profila come un modello alimentare peculiare, precursore delle recenti diete del digiuno».