Ex guardie mediche, 3 giorni di sciopero 

Parte dall’Aquila una nuova astensione da mercoledì 17 a venerdì 19: sul tavolo indennità di rischio, assistenza e ricette

L’AQUILA. Altri tre giorni di braccia incrociate per i medici ex guardie mediche della Asl della provincia dell’Aquila. È la decisione presa da Fimmg (Federazione dei medici di medicina generale), Smi (Sindacato medici italiani) e Snami (Sindacato nazionale medici italiani) dopo che ieri mattina la Asl di Avezzano-Sulmona-L’Aquila ha disertato il tavolo al quale avrebbe dovuto sedere insieme ai sindacati e all’assessore regionale alla Sanità, Nicoletta Verì. Al centro della convocazione, i tanti temi alla base dello stato di agitazione in cui si trovano da settimane le ex guardie mediche. Una battaglia che non conosce ancora fine da quando è stata soppressa l’indennità di rischio e da quando, il 31 ottobre del 2018, il servizio di continuità assistenziale avviato nel maggio precedente in modo sperimentale è stato sospeso dalla Asl che, in sostanza, non ha ritenuto il servizio (in vigore a Pescara e a Teramo, ma non a Chieti) utile, efficiente, vantaggioso per la provincia dell’Aquila. E così, dopo lo sciopero del 10 e del 14 giugno (a cui ha fatto seguito quello dei medici di Chieti) la nuova serrata scatterà da mercoledì 17 a venerdì 19 luglio, dalle 20 alle 24. I medici incroceranno le braccia per protestare non soltanto contro l’indennità di rischio prevista dall’accordo integrativo regionale, ma soprattutto per l’interruzione delle attività ambulatoriali svolte dai medici di continuità assistenziale, «soppressa proprio quando incominciava a essere conosciuta dagli utenti e a dare i suoi frutti», spiega il segretario provinciale della Fimmg Vito Albano.
CHE COSA SUCCEDE. Il servizio della cosiddetta “continuità assistenziale” nasce dall’abolizione – da parte della Regione – delle indennità pagate alle guardie mediche per il rischio a cui sono sottoposte. Soppressione compensata, dopo una serie di concertazioni sindacali, con l’attività ambulatoriale che, in assenza del medico di famiglia, avrebbe garantito l’assistenza medica anche per quelle esigenze sanitarie per le quali non si può aspettare fino all'apertura dell'ambulatorio del proprio medico curante. Ad esempio una visita, la prescrizione di farmaci e di certificati di malattia, medicazioni semplici, iniezioni intramuscolari. La Asl al termine dei 6 mesi “di prova” ha scritto ai medici vietando loro le attività ambulatoriali. Viene meno, in questo modo, anche il pagamento di quel corrispettivo economico che andava a sostituire l’abolizione dell’indennità di rischio, creando, di fatto, disparità di trattamento con i colleghi di Pescara e Teramo, che beneficiano delle indennità per le consulenze ambulatoriali.
«Un errore», insiste il segretario provinciale della Fimmg, «perché non possono di certo bastare sei mesi per valutare gli effetti di un servizio che, non essendo obbligatorio ma su richiesta spontanea, deve avere il tempo di essere conosciuto e pubblicizzato. Significa che, se per esempio un paziente durante gli orari della guardia medica chiede una ricetta per la pressione, il medico non può prescriverla perché in questo modo svolgerebbe un’attività abusiva».
I SINDACI SI SCHIERANO. Ventuno sindaci della Valle Subequana e della Valle Peligna chiedono di ripristinare la continuità assistenziale. «Particolare attenzione viene richiesta alla continuità assistenziale che svolge un ruolo di filtro fondamentale a livello territoriale strategico per evitare una congestione dei pronto soccorsi, sgravati in questo modo dai codici bianchi, verdi e a volte anche gialli». È uno dei passaggi del verbale della riunione che si è tenuta a giugno, in cui i sindaci chiedono all'assessora Verì una serie d’impegni e obiettivi sulla sanità delle aree interne.
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