Fuori Uso, l’ultimo spettacolo

Un video celebra polemicamente la rassegna oggi e domani in piazza a Pescara.

Un video proiettato sulla parete di un palazzo (quello della farmacia Vizioli) in piazza Salotto a Pescara. E’ il modo scelto da Cesare Manzo per celebrare i 20 anni della sua creatura più cara, Fuori Uso, la rassegna di arte contemporanea che, in 18 edizioni, ha ospitato più di 400 artisti in 14 diversi luoghi espositivi della città. L’appuntamento è per oggi e domani pomeriggio alle 18.30. E’ una celebrazione polemica quella che il gallerista pescarese ha escogitato per Fuori Uso. E’ un modo anche per dire: Fuori Uso a Pescara non si può fare più.

Perchè? «Intanto perché non mi dànno più gli spazi per farlo», dice Manzo. «Questa doppia proiezione segna probabilmente la fine di Fuori Uso a Pescara, anche perché con quello che dirò mi inimicherò definitivamente la classe politica. Un politico vero si darebbe da fare per impedire che finisca una manifestazione con la fama internazionale di Fuori Uso. Invece, questo disinteresse è un ulteriore segno della decadenza della classe politica. Questi politici di oggi, quasi sempre, non hanno cultura. Spesso non sono neanche in grado di parlare perfettamente in italiano e di farsi capire».

«Dicono che in Abruzzo mancano i soldi per la cultura», prosegue il gallerista. «Sarà così, ma in questa maniera non si capisce il valore, non solo artistico, di una manifestazione di questo tipo: i giovani hanno bisogno di confrontarsi con i loro coetanei di altre regioni e di altri Paesi».

L’interesse nei confronti della giovane scena italiana, artistica e critica, è un punto di orgoglio di Manzo.
«Nel 1997 e 1998 è stata costituita una sezione dedicata ai giovani, sotto la curatela di Laura Cherubini. Fuori Uso ha rappresentato in tal modo una vetrina per artisti giovani che successivamente hanno ricevuto una consacrazione come Vanessa Beecroft che, nell’edizione del 1995, ha realizzato una delle sue prime performance; o come Paola Pivi, che ha presentato una delle opere di maggiore impatto ribaltando un camion sul fianco. Anche a livello curatoriale si può ricordare la partecipazione di Laubard, Parisi, Rabottini, Smarrelli».

Fuori Uso nacque nel 1990 con l’intento di creare «un momento di confronto con l’arte internazionale, all’interno di un territorio periferico come l’Abruzzo e in un periodo storico in cui in Italia operavano solo due musei consacrati all’arte contemporanea. Il tutto recuperando spazi in disuso della città di Pescara, secondo un modello espositivo che ha ottenuto un largo seguito». La manifestazione è legata al nome di Achille Bonito Oliva, che ne curò due successive edizioni: «Scuola d’obbligo» (1991) e «A prescindere» (1993).

«Uno degli elementi maggiormente caratterizzanti», spiega Manzo, «è quello della produzione del lavoro in situ da parte degli artisti, e della conseguente interazione con lo spazio espositivo, sempre fortemente caratterizzato. La mostra è stata ospitata in edifici industriali dismessi come una fabbrica di liquore e una di olio, in un deposito di autobus, una scuola, un mercato ortofrutticolo, una clinica, un albergo di ferrovieri. Il momento più spregiudicato, nel 2000: negli spazi all’aperto sottostanti i piloni del raccordo stradale che immette nella città».

L’ultima puntata di Fuori Uso è del 2006: una rassegna intitolata «Altered States.Are you experienced?», curata di Nicolas Bourriaud e Paolo Falcone, nei capannoni dell’ex mercato Cofa sul lungomare di Portanuova. La presenza più assidua nella storia della manifestazione è stata quella di Giacinto Di Pietrantonio, che ne ha curato cinque edizioni. A lui si deve anche il momento di maggiore risonanza: l’edizione del 1995 Caravanserraglio di arte contemporanea, che ha registrato l’adesione di 43 artisti, con presenze d’eccezione come quella di David Hammons. Svoltasi nell’archeologia industriale dell’ex liquorificio Aurum, la mostra ha assunto i toni di un’anti-Biennale.

«Non mi piace per niente il modo in cui è stato “recuperato” l’ex Aurum», conclude Manzo. «Lì dentro ci avrei messo un piccolo bar per i giovani, una videoteca con due schermi, un piccolo ristorante. Lì dentro, una vota ogni due anni, ci farei una mostra di giovani artisti abruzzesi, italiani e stranieri. Così, tanto per rimettere questa città nel circolo della cultura internazionale da cui ormai è esclusa».