Guardie mediche, indennità nel mirino 

Il procuratore Stanco chiede gli atti alla Regione, sotto la lente della Finanza i 15 milioni di euro erogati nell’arco di 11 anni

L’AQUILA. La Corte dei Conti indaga sulle indennità di rischio percepite, dal 2006 fino al 2017, dalle guardie mediche abruzzesi. I medici di continuità assistenziale, così si chiamano oggi le guardie mediche, sono al centro di un decreto di richiesta di documenti e informazioni che la Procura regionale della Corte dei Conti ha inviato alla Regione per stabilire se ci sia stato o no un danno erariale a carico del bilancio regionale. Si tratta di un accertamento su 15 milioni di euro pagati, in base a un accordo aggiuntivo, a 280 medici. Un accordo stipulato undici anni fa con la Regione, sul quale però il procuratore regionale contabile, Maurizio Stanco, vuole vedere chiaro. L’inchiesta è scattata dopo una segnalazione rimessa dalla Guardia di Finanza il 22 giugno scorso.
IL PROCURATORE. Nella segnalazione della Finanza, come sottolinea il procuratore, «si evidenzia un elevato pregiudizio alle pubbliche finanze derivante dalla pregressa e attuale erogazione in favore dei medici di continuità assistenziale da parte delle Asl del compenso aggiuntivo, indennità indicata illegittimamente in quanto in contrasto con l’accordo collettivo nazionale». Nell’accordo nazionale, secondo quanto contenuto nella richiesta di chiarimenti inviata alla Regione, è previsto un «onorario omnicomprensivo» che già contiene i costi aggiuntivi, fatti salvi quelli della negoziazione regionale che derivano dallo svolgimento di ulteriori compiti diversi da quelli previsti dalla contrattazione nazionale e «oggettivamente valutabili e rendicontabili».
I NUMERI. In Abruzzo sono oltre 280 i medici interessati. Per ognuno di loro la somma derivante dall’indennità di rischio si aggira su 500 euro lordi al mese. Non è ancora chiarissima l’entità dell’ammontare sul quale la Procura chiede lumi ma, conti alla mano, si arriva facilmente a superare i 15 milioni, da spalmare in 11 anni.
LA REGIONE. Il settore sanità che ha ereditato questa situazione ora ha un mese di tempo per fornire spiegazioni. Ma la Regione ha già chiesto, a sua volta, chiarimenti alle Asl sull’erogazione delle indennità aggiuntive.
I PRECEDENTI. In Campania la Corte dei Conti ha ipotizzato un danno erariale per circa 10 milioni per fatti analoghi. Più recente è il caso della Basilicata, dove a seguito di richiesta di chiarimenti da parte della magistratura contabile (per una spesa di 13 milioni), la Regione ha deciso, in autotutela, di non erogare più le indennità di rischio. Una decisione che ha comportato non poche polemiche, legate ai disagi per i malati, dal momento che il taglio comporterà la riduzione di servizi. Scenario, questo, che potrebbe fatalmente riproporsi anche in Abruzzo, dove già ci sono stati dei ricorsi contro le Asl, a seguito di tagli decisi autonomamente dalle aziende sanitarie.
LA FIMMG. Il rappresentante regionale dei medici di continuità assistenziale, settore guardie mediche della Fimmg, Sandro Campanelli, spiega che la voce è perfettamente contemplata nell’accordo collettivo nazionale, che dà la possibilità alle Regioni di negoziare una quota del 30% sulla retribuzione complessiva. In Abruzzo questa quota è addirittura inferiore, visto che si ferma al 20%. In molti territori della regione, specialmente nelle aree più interne e marginali, spiega, «le sedi della continuità assistenziale sono rimasti gli unici presidi a tutela della salute dei cittadini. Ci opporremo strenuamente a tutte le ipotesi di tagli che dovessero mettere in discussione la qualità dei servizi ai cittadini».