Il Gssi nella missione del satellite Dampe 

I ricercatori dell’istituto aquilano hanno contribuito alla prima misura diretta del flusso di raggi cosmici

L'AQUILA. Porta la firma del Gran Sasso Science Institute (Gssi) dell'Aquila una delle scoperte della missione spaziale Dampe, il satellite che ha rivelato proprietà, finora sconosciute, dei raggi cosmici galattici. Particelle subatomiche, provenienti dallo spazio, che colpiscono la terra ad un ritmo incessante: alcune centinaia al secondo per ogni metro quadrato di superficie, a livello del mare.
Alla scoperta ha contribuito un gruppo di ricercatori del Gssi, membri della collaborazione internazionale: il professor Ivan De Mitri, i ricercatori Guillermo Torralba e Ines Valino e i dottorandi Francesca Alemanno, Zhaomin Wang e Dimitrios Kyratzis. Il satellite Dark Matter Particle Explorer (Dampe), in orbita intorno alla terra dal dicembre 2015, ha ottenuto la prima misura diretta, con un livello di accuratezza mai raggiunto in precedenza, del flusso di raggi cosmici fino a energie elevatissime.
L’esperimento, i cui risultati sono stati pubblicati la scorsa settimana sulla prestigiosa rivista scientifica americana Science Advances, ha rilevato per la prima volta che questo flusso di particelle, che diminuisce continuamente con l’aumentare delle energie, a circa 10 TeV presenta un’attenuazione molto più marcata del previsto.
«Sorgenti astrofisiche ancora poco conosciute riescono ad accelerare particelle cariche sino a energie milioni di volte maggiori di quelle raggiunte dai più potenti acceleratori costruiti dall’uomo», spiega Ivan De Mitri, responsabile del gruppo Dampe al Gssi, dove coordina anche il programma di dottorato in fisica astroparticellare, «attualmente tali fenomeni vengono studiati da scienziati di tutto il mondo usando apparati sperimentali molto diversi tra loro: satelliti in orbita nello spazio, rivelatori posti al suolo o sotto terra, dispositivi posizionati sotto il ghiaccio del polo sud e nelle profondità marine».
Alla missione Dampe partecipano l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), la Chinese academy of sciences (CAS), il Gran Sasso Science Institute e le Università di Bari, Ginevra, Perugia, e del Salento, con cento tra scienziati, tecnici e dottorandi. Il contributo italiano alla realizzazione e alla conduzione dell’esperimento è stato determinante: gli scienziati italiani hanno collaborato con i colleghi cinesi e svizzeri alla progettazione, costruzione e messa a punto dell’apparato, coordinato i test dei rivelatori sia in laboratorio sia su fasci di protoni, elettroni e ioni sugli acceleratori del Cern a Ginevra e contribuito alla scrittura dei software di analisi e di simulazione. Sono, inoltre, impegnati nell’analisi dei dati e nell’interpretazione dei risultati finali delle ricerche.
Il gruppo del Gssi è impegnato sia nell’analisi degli altri dati provenienti dal satellite Dampe, che nella progettazione di una nuova missione spaziale, "Herd", in collaborazione con i Laboratori di fisica nucleare del Gran Sasso.
Il progetto prevede l’installazione di un rivelatore di circa quattro tonnellate su una stazione spaziale cinese, attualmente in costruzione. La missione consentirà di individuare il valore dell’energia massima raggiunta dagli acceleratori galattici e di cercare, con maggiore sensibilità, segnali di materia oscura nell’universo. (m.p.)
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