Il Tar boccia 6 volte il bando regionale 

L’Aquila, i giudici censurano diversi passaggi «non chiari», e riaprono la graduatoria delle nuove attività di Fare centro

L’AQUILA . Era stato pensato per facilitare il rientro delle attività produttive nel centro storico dell’Aquila, desertificato dal terremoto del 2009. “Fare centro”, il bando emanato dalla Regione Abruzzo il 6 aprile del 2017, otto anni dopo il sisma, sta incassando però una serie di bocciature davanti al Tribunale amministrativo regionale presieduto da Umberto Realfonzo. A ricorrere commercianti, ristoratori, e perfino avvocati e notai, ai quali la Regione si ha negato il contributo richiesto per poter riaprire in centro. Sono sei i ricorsi accolti nei primi 4 mesi del 2019. Al bando avevano partecipato in 766, a fronte di 28 milioni disponibili. Si tratta di capire, nel caso questo orientamento venisse confermato in appello, chi dovrà uscire dal bando dopo il reinserimento degli esclusi, e forse anche restituire i fondi. Toccherà al nuovo presidente, Marco Marsilio, risolvere il problema.
NOTAIO E COMMERCIALISTA. L’ultimo ricorso accolto, in ordine di tempo, è quello presentato da un notaio, rappresentato dall’avvocato Roberto Colagrande. Alla professionista era stato negato il contributo perché nella domanda non aveva barrato la casella con la quale attestava «che l’impresa non si trova in stato di fallimento, liquidazione coatta, di concordato preventivo e nei confronti della stessa non è in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni». Una casella, si legge nel ricorso, che non andava barrata perché i liberi professionisti, così come riportato nel bando, non erano obbligati a barrare tutte le caselle contenute nello schema di domanda, ma solo quelle riguardanti il rispettivo stato di fatto.
Sotto accusa, in questo caso, è finito l’articolo 17 del bando, che per i giudici del Tar non era di chiarissima formulazione. Analoga situazione, e stesso esito, anche per il ricorso di una commercialista difesa dall'avvocato Paolo Caroli.
IL RISTORANTE. Il penultimo ricorso accolto è quello di una ristoratrice, sempre rappresentata dall’avvocato Colagrande. L’imprenditrice risultava affittuaria di un ramo d’azienda. In questo caso l’esclusione era stata fondata sulla presunta incompletezza della domanda, perché non aveva barrato la casella con la quale dichiarava di aver subito una perdita di fatturato.
La donna, hanno rilevato i giudici, essendo affittuaria, non avrebbe potuto dichiarare circostanze a lei non direttamente riferibili. Anche in questo caso a essere stato censurato è stato l’articolo 17 del bando.
ARREDATORE D’INTERNI. La società, rappresentata dall’avvocato Antonio Scalcione, con domicilio nello studio Valentino Venta, si era vista negare il contributo perché, a detta della Regione, non avrebbe inserito sulla piattaforma telematica la copia di un documento di riconoscimento del legale rappresentante. Come si legge in atti, invece, «il documento di identità era stato regolarmente inviato ma non era possibile offrire una prova di ciò» a causa di problemi sulla piattaforma informatica. E di questo, non si può dare colpa a chi partecipa al bando.
ASSICURATORE E AVVOCATO. Il primo (difeso dall’avvocato Vincenzo Salvi), essendo titolare di un’impresa individuale aveva barrato solo le caselle che riteneva lo riguardassero, ma la Regione anziché chiedere un’integrazione lo aveva estromesso dal bando. Anche in questo caso i giudici hanno sanzionato la mancanza di chiarezza di alcuni articoli del bando. Il secondo invece, difeso dall’avvocato Roberto Cofone non aveva barrato la casella con la quale certificava non trovarsi in stato di fallimento. Una circostanza, hanno rilevato i giudici, che riguarda le imprese ma non i professionisti.