«L’Aquila libera, fuori gli sciacalli»

L’urlo della folla che preme sulle transenne prima di forzare il blocco

L’AQUILA. «Entriamo, entriamo!». Questo il grido che risuona ai Quattro cantoni, tra la folla premuta sulle transenne che avrebbero dovuto aprirsi solo per lasciar passare 15 persone per volta, tutte «armate» di carriole e secchi. Un grido assordante, ritmato dalle pale sbattute sulle carriole. «L’Aquila libera, fuori gli sciacalli dalla città» grida ancora la folla. Poi la cancellata si spalanca.

«In questi mesi le istituzioni non sono state capaci di rimuovere le macerie della mia casa, ora vado io a recuperarle. E non mi importa se sarà denunciato dalla polizia per aver forzato il blocco» urla davanti alle telecamere Claudio Di Cesare, insegnante ed ex capo degli arbitri di calcio. «È ora di rimboccarci le maniche» incalza il critico d’arte Antonio Gasbarrini davanti a quella montagna di macerie che ricopre piazza Palazzo. E tra calcinacci e mattoni anche le tracce di una vita lontana, cancellata in una manciata di secondi. «Questa è una grande dimostrazione di partecipazione» dice Annalucia Bonanni da mesi in prima linea.

«Così, con tutte queste macerie, non possiamo ricostruire nulla». In tanti a spalare, a riempire carriole e secchi e a passarli di mano in mano. A lavorare anche il piccolo Tommaso Cotellessa arrivato a piazza Palazzo con il papà Bruno e con due sorelle. «Ho cinque figli» dice Bruno «e ho tanta rabbia perché abbiamo subìto un’ingiustizia troppo grande». Poco più in là, in quella catena umana tanto fitta da far fatica ad attraversarla, anche l’avvocato Fausto Corti, di Italia Nostra.

«Dovremo aspettare qualche anno per poter rientrare nella nostra casa in via San Martino, per questo abbiamo scelto di trasferirci temporaneamente fuori. Ma» dice «è qui che torneremo». In via Marrelli, poco distante da piazza Palazzo, Federica Beniamini cerca qualcosa da poter recuperare da quello che fino al sei aprile era il suo negozio di abbigliamento. «La ditta che ha puntellato il palazzo» dice «ha portato via tutto senza avvertirci. Spero di ritrovare almeno la mia vecchia collezione di dischi».

«È bello lavorare con le mani e sentire il peso delle macerie che contribuisci a portar via» commenta Donatella Tellini della Biblioteca della donna, che ora vive in uno dei nuovi alloggi a Paganica. «Vedo qui tantissima gente che vuole dare un contributo alla città» afferma il commerciante Mauro Zaffiri. Tra la folla anche l’ex segretario comunale Giorgio Lovili. «È una fitta al cuore vedere queste piazze e questi vicoli devastati dal terremoto.

È un dolore grandissimo per chi come me ama questa città». Nella catena umana anche la presidente della Provincia Stefania Pezzopane e il deputato del Pd, Giovanni Lolli. E ancora, assessori e consiglieri comunali. Lungo corso Vittorio Emanuele pure il sindaco Massimo Cialente, che si affretta a dar risposte e a subire anche qualche critica. A piazza Duomo c’è Giampaolo Giuliani che si dice «emozionato nel vedere la coscienza di tanti aquilani affiorare tra le macerie». Poco distanti anche Chiara e Benedetta di 4 e 3 anni. Lì, con la loro mamma, a portar via qualche sassolino e a gridare «Voglio L’Aquila».