L'AQUILACrollo convitto, ricorso in Cassazione per cambiare i giudici

Preside imputato va in Cassazione. Atti a Campobasso?

L’AQUILA. «Spostate il processo a Campobasso». Il preside Livio Bearzi, imputato nel procedimento sul crollo del Convitto nazionale, che provocò tre vittime e un ferito, ha messo la firma sotto 29 pagine di richiesta di rimessione del processo davanti ad altro giudice.

«MOTIVI GRAVI». L’imputato Bearzi scrive: «le situazioni locali dell’Aquila sono talmente gravi e non altrimenti eliminabili da turbare lo svolgimento del processo». Situazioni che «pregiudicano la libera determinazione delle persone che partecipano al processo» e anche la loro «sicurezza», nonché «l’incolumità pubblica» e determinano «motivi di legittimo sospetto». Insomma, non ci sarebbe un clima sereno per il processo che vede imputato anche il dirigente della Provincia Vincenzo Mazzotta.

A CAMPOBASSO? La richiesta di rimessione depositata ieri all’ufficio del gup dall’avvocato Paolo Enrico Guidobaldi, non sospende da sola il processo. Il giudice, tuttavia, non può pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l’ordinanza che la dichiara inammissibile o la rigetta. A 10 giorni dalla prima udienza preliminare, quella per il crollo del convitto nazionale, dove morirono i tre studenti Luigi Cellini, Ondrey Nuozovsky e Marta Zelena e dove ne rimase ferito un quarto, Mirko Colangelo, il ricorso rappresenta il primo stop ai processi. L’udienza del 17 maggio non potrà che aprirsi e chiudersi, con trasmissione degli atti a Roma. Saranno i giudici della Suprema Corte a decidere se il ricorso merita accoglimento e, quindi, se il processo vada spostato ad altro tribunale, quello di Campobasso. Una sede che da alcuni viene indicata come l’unica possibile mentre altri legali non sono del medesimo avviso. Il ricorso, ora, sarà notificato alle parti entro i prossimi 7 giorni, da parte di chi chiede lo spostamento.

RIMESSIONE-BIS. L’articolo 45 del codice di procedura penale, che disciplina i casi di rimessione, stabilisce che essa può essere chiesta «in ogni stato e grado del processo, quando la sicurezza o l’incolumità pubblica ovvero la libera determinazione delle persone che partecipano al processo sono pregiudicate da gravi situazioni locali tali da turbarne lo svolgimento, e non altrimenti eliminabili». Insomma, anche se venisse respinta la prima istanza, ne potranno essere presentate altre, sempreché vengano fondate su elementi nuovi.

L’ALTRO PROCESSO. Analoga situazione si profila per l’udienza preliminare del procedimento per i crolli della Casa dello studente (28 maggio). Il pool di legali che fa capo ad Attilio Cecchini e Angelo Colagrande, è intenzionato a percorrere la stessa strada. E così, le prime due udienze preliminari nei processi per i crolli sono destinate ad avere uno stop. Nel ricorso si fa riferimento a dichiarazioni del procuratore Rossini, secondo le quali «qualcuno, dopo il terremoto, è entrato negli uffici della Procura e ha aperto la cassaforte», ma che «i fascicoli erano già portati via da un’altra parte» perché «non siamo così semplici». Viene riportata un’altra frase del pm che non avrebbe rivelato il luogo del magazzino delle macerie sequestrate per timore di una «bombetta».

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