L'INCONTRO

L’eredità di Falcone, «uomo del futuro» 

Manifestazione «Palermo chiama, Pescara risponde» con il procuratore Alfredo Morvillo

PESCARA. «Da venticinque anni ad oggi tanto è cambiato nella lotta alla mafia. Direi tutto, radicalmente, perché oggi abbiamo una polizia giudiziaria di altissimo livello e quindi dico alla gente che può stare tranquilla perché abbiamo forze dell'ordine di alto profilo. Anche la magistratura ha seguito questa strada rispetto a tanti anni fa». Così Alfredo Morvillo, Procuratore di Trapani e fratello di Francesca, moglie di Giovanni Falcone, ricordando l’attentato di 25 anni fa a Capaci, nel quale morirono il magistrato, la moglie e gli umini della scorta. Morvillo ha parlato a Pescara nel corso dell’incontro «Palermo chiama Pescara risponde», organizzata dall'Associazione Nazionale Magistrati - giunta distrettuale Abruzzo e dalla fondazione Premio nazionale Paolo Borsellino. Hanno partecipato, Angelo Bozza, presidente del Tribunale di Pescara, il sindaco Marco Alessandrini, Valentina D’Agostino, presidente della giunta distrettuale Anm Abruzzo, il presidente della Corte d’Appello dell’Aquila Fabrizia Francabandera, Federica Chiavaroli, sottosegretario alla Giustizia, Oscar Buonamano, coordinatore premio Borsellino. «Nei decenni scorsi la mafia era più forte dello Stato proprio perché il contrasto alla mafia non era all'altezza della situazione e dove qualcuno diceva che la mafia non c'era. Questa proliferava e andava avanti indisturbata», ha aggiunto Morvillo. Ma oggi che tutto è cambiato, quello che ancora stenta ad affermarsi ha rimarcato il magistrato «è la coscienza della gente e soprattutto la coscienza della politica che ha un compito molto importate, quello di lanciare dei messaggi, con comportamenti univoci e una presa di distanza netta e rigorosa da tutto quello che ha anche il più lontano sapore di mafia».
Nel corso della mattinata è stato letto un messaggio del vicepresidente del Csm Giovanni Legnini che ha parlato della memoria di Falcone come «elemento unificante nella crescita della cultura dei cittadini, in particolare dei giovani, e delle istituzioni, nel contrasto alle mafie». Legnini si è anche soffermato sull’iniziativa assunta dal Csm, su proposta dello stesso vicepresidente, «di pubblicare gli atti che segnarono il difficile e sofferto rapporto di Giovanni Falcone con il Consiglio». Un’iniziativa «che ha suscitato uno straordinario interesse perché quelle pagine, finalmente desecretate, ci parlano sia delle intuizioni, dei progetti e delle conquiste di un magistrato di eccezionale valore, sia dei contrasti, delle sconfitte e della solitudine che Falcone dovette affrontare in quegli anni così fertili e così drammatici».