«L’orso non è morto per l’anestesia» 

Lo rivela l’esame necroscopico effettuato a Grosseto. L’esemplare presentava gravi problemi respiratori e digestivi

LECCE NEI MARSI. Non è stata l’anestesia a causare la morte dell’orso bruno marsicano, avvenuta nel territorio di Lecce nei Marsi, nella notte tra i 18 e il 19 aprile nel corso di un’operazione di cattura da parte di personale del Parco d’Abruzzo.
A stabilirlo è stato l’esame della carcassa effettuato venerdì a Grosseto, nella sede dell’Istituto Zooprofilattico di Lazio e Toscana, dove erano stati inviati i resti del plantigrado. A eseguire l’esame necroscopico il dottor Rosario Fico, responsabile del Centro di referenza nazionale per la medicina forense veterinaria. Alle operazioni ha assistito la dottoressa Erminia Scioli, medico veterinario della Asl L’Aquila-Avezzano-Sulmona.
IL REFERTO. «Dall'esame della carcassa sono state escluse relazioni dirette tra l'anestesia e la causa di morte dell'orso, confermando la correttezza e la regolarità delle procedure messe in atto dal personale del Parco», informa l’ente di protezione della natura presieduto da Antonio Carrara, «e del veterinario, in particolare. Al contrario, l'esame anatomopatologico dell'animale ha evidenziato un quadro complesso e critico a carico dell'apparato respiratorio, e dell'apparato digerente».
LA CATTURA. La cattura del giovane plantigrado, finito in una Tub -trap messa a disposizione dai carabinieri forestali, era stata autorizzata nell’ambito delle attività di ricerca del Ministero dell’Ambiente, per il controllo degli “orsi-confidenti”, dopo il parere favorevole dell’Ispra. Una procedura eseguita decine di volte, con successo, per monitorare la popolazione del mammifero simbolo dell’Abruzzo che vive nel territorio protetto. Nella “trappola”, allestita a febbraio per scopi puramente scientifici, doveva finirci Mario, un altro orso confidente ben noto ai contadini di Lecce nei Marsi, Ortucchio e Villavallelonga per le razzie nei pollai, che più volte era stato fotografato con l’esemplare deceduto.
L’ALLARME. Alle 23.30 di mercoledì la squadra di cattura, sempre reperibile, aveva ricevuto il segnale di allarme e una volta sul posto aveva constatato che era Mario a essere finito nella tub-trap. Il povero orso, dunque, era malato e quasi certamente sarebbe morto comunque, a distanza di qualche mese. Del resto le sue condizioni cliniche non erano facilmente valutabili a occhio nudo, trattandosi di un esemplare non munito di radiocollare, e mai catturato in precedenza.
L’ANESTESIA. È successo quello che, in caso di anestesia, potrebbe accadere anche a un essere umano. Solo che quando una persona entra in sala operatoria, prima dell’anestesia vengono effettuati diversi esami per capire qual è il quadro clinico generale, proprio per minimizzare i rischi e fronteggiare meglio eventuali imprevisti. L'animale, quindi, aveva problemi sanitari gravi, “non valutabili dall'esame clinico al momento della cattura, che hanno determinato l'emergenza anestesiologica e di conseguenza il decesso. Considerato il quadro anatomopatologico complesso, per avere il referto completo della necroscopia, e quindi dei problemi sanitari dell'orso, sarà necessario, come avviene in questi casi, effettuare tutti gli accertamenti di laboratorio (istologico, batteriologico, virologico) che, in ultima analisi”, informa sempre il parco, «consentiranno di individuare la patologia di cui soffriva che ne ha causato la morte».
IL PNALM. L'Ente Parco ha ritenuto doveroso fornire le prime indicazioni, «sia pur parziali, emerse dalla necroscopia per l'eccezionalità dell'evento, mai accaduto in passato, e per la giusta attenzione che l'opinione pubblica sta riservando all'accaduto. Sarà premura dell'Ente fornire ulteriori informazioni nel momento in cui sarà disponibile la relazione finale del dottor Fico».
IL PD. «Migliorare l’attuale protocollo cercando di limitare ulteriormente i rischi per gli animali, soprattutto rispetto alle conseguenze dell’anestesia, e rafforzando i dispositivi per la rianimazione». Lo chiede Michele Anzaldi, deputato del Pd, con un’interrogazione al Ministero dell’Ambiente.