La Cassazione dà una mano a Venturoni

L’assessore alla sanità Lanfranco Venturoni esce dall’inchiesta sull’appalto da 12 milioni di euro degli uffici amministrativi della Asl aquilana. Una sentenza della Cassazione ha stabilito che non c’è reato se il bando di gara non è stato espletat

PESCARA. Gli atti preparatori che tentino di orientare un bando di gara sono moralmente riprovevoli, ma penalmente irrilevanti, se quel bando non viene espletato. Una sentenza della Cassazione è la chiave di volta per Lanfranco Venturoni per uscire indenne dal procedimento sul presunto pilotaggio dell’appalto da 12 milioni di euro degli uffici amministrativi della Asl aquilana.

La procura di Pescara si appresta a chiedere l’archiviazione per l’assessore regionale alla sanità, per l’ex manager dell’Asl dell’Aquila Roberto Marzetti, per l’imprenditore Alido Venturi. E per Enrico Tessitore, uno dei finanziatori dell’intera operazione. Erano tutti indagati per corruzione.

CINQUE INDAGATI.
L’avviso di conclusione delle indagini firmato dalla procura rimescola le carte e fa emergere una nuova, presunta, storia di corruzione, che tira in ballo il funzionario regionale Enzo Mancinelli - lo stesso che avrebbe dovuto redigere il bando per gli uffici della Asl - l’imprenditore Claudio D’Alesio e l’ex assessore regionale e comunale a Pescara Italo Mileti, arrestati due mesi fa per millantato credito, l’ex legale dei due Giuseppe Cichella e Francesco Pirocchi, titolare della società di brokeraggio Mediass spa, azionista del Pescara Calcio (estraneo all’inchiesta).

Sono tutti accusati di corruzione in relazione a un altro appalto milionario, quello per l’affidamento del brokeraggio per tutte le Asl abruzzesi. Ieri, intanto, il gip ha revocato i domiciliari a Mileti, accogliendo il ricorso dell’avvocato Francesco Silvestri. Anche il pm Gennaro Varone aveva dato parere favorevole. Ma andiamo con ordine.

LA 1ª INCHIESTA.
Il procedimento, nato per caso all’interno di un’inchiesta riguardante tutt’altro filone, si basa quasi esclusivamente sulle intercettazioni dei carabinieri che, secondo l’accusa, documentano l’esistenza di una lobby che punta a mettere a segno un illecito mediante l’impiego dei fondi destinati alla ricostruzione dell’Aquila. Si tratta di una parte dei 47 milioni ricevuti dalla Asl a titolo di risarcimento, tramite assicurazione, per i danni del sisma subìti dall’ospedale. D’Alesio e Mileti, per la procura, sono gli organizzatori e promotori dell’affare, consistente nel far aggiudicare l’appalto a Venturi a danno di altri possibili concorrenti. Venturi è proprietario di un immobile di 7mila metri quadri su tre piani, in posizione strategica per trasferirvi gli uffici amministrativi dell’Asl dell’Aquila distrutti dal terremoto.

LA RIUNIONE.
Il 15 luglio 2009, all’assessorato regionale alla sanità, a Pescara, Mileti promuove la riunione decisiva con Venturoni e Marzetti. Dalle intercettazioni, salta fuori che, per realizzare l’opera, ci vogliono quasi 6 milioni (3 per l’edificazione e altrettanti per il valore del terreno), il resto è guadagno (il corrispettivo ipotizzato è di quasi duemila euro al metro quadro). L’obiettivo è evitare la gara per favorire Venturi. Questo, almeno, ritiene la procura.

IL DIETROFRONT.
Ad agosto, però, Marzetti intuisce di essere stato messo alla porta, blinda i fondi dell’assicurazione destinandoli alla ristrutturazione degli immobili danneggiati e fa saltare l’affare. D’Alesio e Mileti progettano di riproporlo al nuovo manager dell’Asl aquilana. Ma la procura interviene e arresta i due per millantato credito presso Venturoni, Marzetti e Mancinelli «nei confronti dei quali», recita l’avviso di fine inchiesta, «svolgevano azione di pressione e persuasione affinché i predetti pubblici ufficiali agissero al fine di precostituire a Venturi l’aggiudicazione della gara».

IL GUADAGNO. Che cosa avrebbero incassato i due intermediari? Secondo l’accusa, tuttora in piedi, Mileti e D’Alesio si sarebbero fatti promettere da Venturi denaro, per una quota stabilita in un terzo di quattro milioni di euro, e «utilità economiche». Venturi si sarebbe impegnato, scrive il pm, a concedere a D’Alesio una quota di proprietà di un appartamento da costruirsi nello stesso complesso immobiliare della Asl.

VENTURONI. Gli arresti bloccano l’operazione, impediscono che il reato venga portato a compimento e che il bando venga redatto. Non esistono neppure documenti che dimostrino la preparazione del bando illecito. Così, sulla scia della Corte Suprema, si apre la strada per l’archiviazione delle posizioni di Venturoni, Marzetti, Venturi e Tessitore.

MANCINELLI. La corruzione resta in piedi invece per Mancinelli, che avrebbe «promesso di influire sulla redazione del bando di gara e degli atti di procedura, in modo da modellarli sulle caratteristiche della futura offerta del Venturi, e di trattare l’appalto nell’ambito dell’acquisizione di beni e servizi in modo da evitare l’approvazione della giunta regionale». Non a caso, sostiene la procura, Mancinelli aveva fornito precisi suggerimenti a Marzetti sugli atti amministrativi che dovevano essere adottati.

LA 2ª INCHIESTA.
Perché Mancinelli resta sott’accusa, a differenza di Venturoni e Marzetti? La risposta sta nella seconda indagine che scatta contestualmente agli arresti del 16 novembre quando, a intercettazioni in corso, alcuni indagati esprimono i loro timori in relazione ad alcune fatture, che vengono fatte acquisire dal pm Varone.

LA GARA.
Mancinelli, secondo il pm, avrebbe favorito Pirocchi, titolare della Mediass spa, società di brokeraggio in cui avevano interessi sia Mileti sia D’Alesio. L’intervento del funzionario regionale sarebbe stato teso a escludere dalla gara di appalto per l’affidamento del brokeraggio per le Asl abruzzesi l’antagonista della Mediass, cioè l’Ati Marsh spa, che aveva vinto la gara. La Mediass aveva presentato ricorso contro l’aggiudicazione provvisoria e Mancinelli aveva sottoposto a verifica di anomalia «soltanto», dice il pm, l’offerta Marsh spa, predisponendo un formale provvedimento di esclusione dalla gara della Marsch «in aperta violazione del dovere di imparzialità».

L’ASSUNZIONE.
Come contropartita, Mileti e D’Alesio, d’accordo con Pirocchi e l’avvocato Cichella, in cambio dell’interessamento di Mancinelli sia per gli uffici Asl sia per l’assicurazione, gli avrebbero fatto assumere la figlia per un anno nello studio dell’avvocato, con la retribuzione di quasi 1200 euro al mese. L’intesa perfezionata per il primo mese, scrive il pm, prevedeva «che il denaro occorrente per il pagamento delle retribuzioni mensili sarebbe stato fornito dalla Mediass di Pirocchi alla Ifei srl di D’Alesio, mediante il pagamento di una fattura di 10 mila euro, somma che D’Alesio si era impegnato a versare, mensilmente, all’avvocato Cichella».

Il quale, per giustificare secondo l’accusa l’uscita di denaro dalla Ifei, avrebbe emesso a sua volta una fattura di 1434 euro del 12 novembre scorso «per operazioni inesistenti», con la causale «prestazione di consulenza professionale».