«La natura non basta, serve di più» 

Max Paleari conferma: un ecosistema digitale per farsi trovare dai visitatori

PESCARA . L’Abruzzo non ha bisogno di un nuovo marchio, ma del “prodotto”, inteso come l’insieme dei vari fattori che ben amalgamati tra loro possono dare vita a una proposta turistica accattivante. Di materia prima, l’Abruzzo ne ha da vendere, ma bisogna lavorarci un po’ sopra, se davvero si vuole fare il salto di qualità.
A parlare è Max Paleari, imprenditore e professionista della comunicazione digitale. Dal 1998 è titolare di un’agenzia, la Argonet, che ha 40 dipendenti sparsi fra le sedi di Milano, Roma, Bari, compresi i dieci della sede aperta all’Aquila l’anno scorso. La Argonet è specializzata nei grandi progetti per pubblica amministrazione e istituzioni. Il marketing territoriale legato a turismo e cultura, è uno dei principali ambiti di attività dell’agenzia. Tra i suoi clienti il Mibact, il Comune di Milano, la Regione Lombardia, Expo. Dopo l’apertura della sede abruzzese, è stato contattato per portare l’esperienza dell’ecosistema digitale declinato in chiave turistica nel nuovo piano strategico regionale.
«Il problema», spiega Paleari, «è che “da fuori” non si può immaginare che esista una cosa bella come l’Abruzzo. Non è un problema semplice, perché la forza dell’Abruzzo è insieme la sua debolezza: è tanto ricco da essere complesso. È incredibile e inspiegabile. È un posto dove, in estate, stai al Cerrano su una spiaggia di sabbia incontaminata con la pineta dietro, e due ore dopo pesti la neve fermando la macchina sotto l’osservatorio astronomico di Campo Imperatore. Non ci credi che in Italia ci sia una cosa del genere: pensi che esista solo in posto pazzeschi; l’hai visto solo nei documentari sulla Terra del Fuoco». Ed è proprio su questa natura selvaggia che torna il piano strategico. «Da sola», avverte, «non basta. Alla fine il turismo è un importante comparto economico. Lavorare bene per il turismo vuol dire generare vendite: per chi offre da dormire, da mangiare e per tutti quelli che offrono quelle esperienze indimenticabili che sono il vero motivo di scelta. La questione è che per vendere qualcosa bisogna averlo e oggi l’Abruzzo non ce l’ha. Ha la materia prima: la natura di mare, collina e montagna; i posti belli dove dormire; i ristoranti dove mangiare bene; prodotti agricoli e alimentari sopraffini; tanti bravi professionisti che spiegano e accompagnano con passione a vivere le esperienze, ma non ha “Il Prodotto”, cioè l’insieme degli ingredienti ben cucinati: la materia prima integrata in una proposta attraente e proponibile con ragionevole costanza di disponibilità, qualità e redditività. Rispettosa delle regole e consuetudini (standard) che permettono agli operatori professionali di accoglierla nei loro pacchetti e ai turisti fai da te, sempre più diffusi con il digitale, di orientarsi. Ci si arriva solo con modelli nuovi e sistemi di integrazione, come l’Ecosistema digitale del turismo».
Si tratta dell’insieme di regole di comportamento e degli strumenti informatici per trovare e mettere in ordine l’offerta, organizzandoli in un prodotto completo da vendere. «È fatto di tanti pezzi che vanno dai gestionali per gli alberghi e i servizi, ai sistemi di relazione con i clienti, ai totem ,i portali e le app, ma soprattutto al grande motore (piattaforma) che fa funzionare tutto questo. Concretamente è quello che - quando dico che mi piace andare per fiumi e voglio stare nella natura incontaminata - mi trova la pagina che racconta il Tirino e poi mi propone gli alberghi lì vicino e anche la gita in canoa, senza scordarsi il ristorante giusto per la cena la sera. E mi permette anche di prenotarli. Oggi tutto questo in Abruzzo è un sogno. Ma non siamo lontani: ci sono gli ingredienti e basta assemblarli con un buon progetto di Ecosistema». (a.bag.)