Da sinistra, Roberto Orosei (Inaf); Elena Pettinelli, università Roma Tre e il professor Enrico Flamini (Asi)

CHIETI

Lago salato su Marte, a scoprirlo due abruzzesi 

Scienziati a caccia d’acqua sul pianeta rosso e analogie con la storia della Terra. Nel team anche i professori Flamini e Mitri dell’università d’Annunzio 

CHIETI . C’è acqua salata su Marte. Gli scienziati cercavano da decenni la molecola formata da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, la stessa che quattro miliardi e mezzo di anni fa ha fatto sì che sulla Terra comparisse la prima cellula vivente.
Quattro miliardi e mezzo di anni fa: quando qui tutto è cominciato, lì, forse, era appena finito. È ancora troppo presto, e ci vorranno altri decenni prima di stabilire se su Marte c’è stata vita, almeno nelle forme “terrestri” che noi conosciamo, ma la scoperta del lago salato che si estende sotto il suolo marziano per una ventina di chilometri apre scenari grandiosi. Scenari che fanno riflettere sulle origini e sulla fine del nostro pianeta.

DA CHIETI A CAPE CANAVERAL. Tra gli autori della scoperta uno scienziato abruzzese, il professor Enrico Flamini, docente di Planetologia presso l’Università di Chieti-Pescara e responsabile di progetto dell’esperimento Marsis per l’Agenzia Spaziale Italiana, e il professor Giuseppe Mitri, che fa parte dell’International Research School of Planetary Sciences, della “d’Annunzio”.
LA MISSIONE SU MARTE. La storia della ricerca dell’acqua va avanti dal 1997: durante una riunione al Kennedy Space Center della Nasa, a Cape Canaveral, il gruppo di lavoro dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) annunciò l’intenzione di promuovere una missione su Marte rapida e con costi contenuti.
«In quell’occasione proponemmo di equipaggiare quella missione con un radar a bassa frequenza per cercare oceani di acqua liquida nel sottosuolo di Marte», ha detto Flamini.
«Dalle missioni Viking in poi era evidente che su Marte ci fosse stata acqua in passato, che questa avesse lasciato le sue tracce sulla superficie del pianeta come ghiaccio e che buona parte fosse andata perduta con il vento solare.
IPOTESI FANTASCIENTIFICHE. «Quelle che allora sembravano ipotesi azzardatissime, oggi sembrano essere confermate», ha aggiunto. «Se nella storia del pianeta c’era stata tanta acqua significava che Marte doveva avere avuto una storia non dissimile da quella della Terra e che l’acqua poteva trovarsi in una cavità sotto la superficie».
IL RADAR MARSIS. Nel 2003 ha preso il via la missione ExoMars. Dopo un anno di analisi e simulazioni, il Radar Marsis è diventato operativo. Tra le prime segnalazioni inviate alla Terra, «un segnale costante molto forte» spiega Flamimi. Questo è il motivo per il quale gli scienziati hanno deciso di concentrare la loro attenzione su quell’area specifica. Uno dei risultati più importanti di questa lunga esperienza è stato molto probabilmente, secondo Flamini, il metodo di ricerca che ha permesso di trovare l’acqua in altre aree di Marte: «potrebbe esserci acqua altrove, magari più vicina alla superfici. Abbiamo aperto una strada, il futuro lo vedranno i giovani».
L’IDEA. Il pensiero che ha originato tutto questo si deve a un grande scienziato italiano, Giovanni Picardi, il “padre” di Marsis, morto improvvisamente nell’agosto 2015, prima che venissero acquisiti i dati grazie al nuovo software installato sul radar.
L’ANALISI. La caccia è durata almeno 13 anni. Al lavoro dal 2005, il radar Marsis (Mars Advanced Radar for Subsurface and IonosphereSounding), a bordo della sonda Mars Express dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), aveva cominciato a fornire già fra il 2006 e il 2007 qualche eco insolitamente forte, tanto da accendere l’entusiasmo della comunità scientifica e dello stesso Picardi. L’analisi dei dati condotta da Elena Pettinelli, dell’Università Roma Tre, ha permesso di confermare la scoperta.
SIAMO SOLI NELL’UNIVERSO? «Il segnale radar», spiega Roberto Orosei, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), «ci dice che l’acqua è satura di sali. Sappiamo che l’acqua lì sotto deve essere molto fredda, forse addirittura al di sotto del punto di congelamento. Ed è mantenuta liquida probabilmente dalla presenza di sali. Tuttavia ci sono organismi terrestri che sono capaci di vivere anche in condizioni simili».
È presto, troppo presto per azzardare tesi, ma probabilmente sarà proprio Marte, tra qualche decennio, a dirci se davvero siamo soli nell’Universo.

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