Le ex guardie mediche in stato di agitazione 

La protesta all’Aquila dopo la sospensione delle indennità di ambulatorio Albano (Fimmg): «Una situazione che sta creando danni anche ai pazienti»

L’AQUILA. Stato di agitazione per i medici della continuità assistenziale (le ex guardie mediche) della provincia dell’Aquila, alle quali da ottobre è stato sospeso il pagamento delle indennità ambulatoriali. Una somma importante, che si aggira mediamente intorno ai 400 euro al mese, che pesa sullo stipendio e sui bilanci familiari degli interessati.
LA RIUNIONE. La decisione, maturata durante la riunione di mercoledì sera, nei prossimi giorni sarà comunicata alla Prefettura che dovrà attivare il percorso di mediazione, prima della proclamazione di azioni di protesta che potrebbero culminare anche nello sciopero. La riunione era stata convocata dal segretario provinciale della Fimmg dell’Aquila, Vito Albano, per discutere la vertenza che vede le guardie mediche impegnate in un braccio di ferro con la Regione e con le varie Asl d’Abruzzo che dura ormai da quasi due anni.
LA VERTENZA. Risale all’estate del 2017, infatti, la nota con la quale la Corte dei conti ha chiesto all’ente regionale chiarimenti circa l’erogazione della cosiddetta “indennità di rischio”, un’altra voce che faceva parte dello stipendio dei professionisti. La Regione, per tutta risposta, temendo azioni per danno erariale, ha sospeso tout court l’indennità, dando mandato ai manager di recuperare le somme già corrisposte nel corso degli anni, che in qualche caso ammontano anche a 70mila euro. Una decisione che ha scatenato la protesta dei medici, che si sono rivolti a diversi tribunali della regione, ottenendo sentenze favorevoli.
LA LEGGE “OSSERVATA”. Dopo le proteste anche la Regione ha varato una legge per sospendere i recuperi e introdurre, al posto dell’indennità di rischio, un’integrazione stipendiale per lo svolgimento di attività ambulatoriale (che le guardie mediche hanno sempre svolto). Ma la legge è stata osservata dal governo e si trova tuttora al vaglio della Corte Costituzionale. Una vicenda maledettamente complicata, tuttavia alcune Asl hanno iniziato a pagare le indennità ambulatoriali, ma non sempre e ovunque. A Chieti, per esempio, ai medici che non hanno sottoscritto un questionario nel quale si faceva riferimento alla sicurezza delle sedi di lavoro, le indennità ambulatoriali non sono state pagate, tanto da provocare il blocco delle attività svolte in ambulatorio; all’Aquila, invece, sono state sospese a ottobre.
LA PROTESTA. «I medici aquilani», spiega Albano, «continueranno a lavorare, ma apporranno un cartello all’esterno delle sedi della continuità assistenziale per informare i cittadini che saranno sospese le attività ambulatoriali». Significa che in caso di bisogno, durante le ore di chiusura degli ambulatori dei medici di famiglia, le guardie mediche saranno a disposizione per consulenze telefoniche o per visite a domicilio, in caso di bisogno, ma non verrà più assicurata l’attività ambulatoriale (visite e ricette). La sospensione del pagamento, alla quale fa seguito lo stop delle attività ambulatoriali, secondo Albano «sta creando non solo un danno ai medici, ma anche un disservizio, soprattutto nei piccoli centri». Per non parlare dell’appesantimento del carico di lavoro che si verificherà al pronto soccorso, visto che verrà meno un servizio che finora è riuscito a filtrare e gestire i casi meno gravi, e che nei prossimi giorni si riverseranno tutti negli ospedali. «C’era un’altra regione, la Basilicata», conclude Albano, «che si era venuta a trovare nella stessa situazione dell’Abruzzo per l’indennità di rischio, ma in quel caso la Corte dei conti è intervenuta certificandone la legittimità».