Politica e mattone, un sistema in tilt

Da Pescara a Montesilvano, le amministrazioni nel mirino dei pm: teorema o reati?

PESCARA. È il 15 novembre 2006: con l’arresto del sindaco di Montesilvano Enzo Cantagallo e di altre cinque persone, in una grigia alba autunnale, il centrosinistra trionfante che guida l’Abruzzo con Ottaviano Del Turco e che a Roma è rappresentato dal presidente del Senato Franco Marini, eletto il 29 aprile di quello stesso anno, si sveglia in un incubo.

La fine ingloriosa dell’amministrazione di quella che è la quinta città d’Abruzzo annuncia tempi cupi, che seguendo il filo rosso di una storia di cui non è ancora stato scritto l’ultimo capitolo, attraversa Pescara, raggiunge Penne, fino ad arrivare a Spoltore: quattro amministrazioni guidate dagli uomini della Margherita e dei Ds prima che diventassero un unico partito entrate una dopo l’altra nelle cronache giudiziarie, in una sequenza ininterrotta di arresti, inchieste e accuse legate a patti presunti con i costruttori, a ipotesi di mazzette e regali in cambio di favori, in un quadro di corruzioni, concussioni, truffe, appalti pilotati.

A guidare le indagini, un’unica mano, quella del sostituto procuratore Gennaro Varone, che quattro anni fa, con l’inchiesta Ciclone comincia a scoperchiare la pentola degli scandali che in questi giorni arrivano alla prova delle aule di udienza. È solo nel dibattimento, con il passaggio dal processo mediatico al tribunale, che l’ipotesi accusatoria potrà trasformarsi in prova, superando il rischio di essere considerata un teorema, o essere cancellata o ridimensionata dalle ragioni dalle difese.

Per quello che fu il «sistema Montesilvano» il verdetto sulla richiesta di rinvio a giudizio per 36 imputati è atteso entro giugno. Secondo il pm, Cantagallo, assieme ad amministratori e costruttori avrebbe creato un meccanismo di corruttela immaginato per premiare con appalti senza gara i big del mattone, che si sarebbero sdebitati con denaro, pacchetti di voti, contributi per le attività politiche. Per esempio, le presunte mazzette da 64 mila euro per le fogne di via Adige, opere per quasi tre milioni di euro affidate senza appalto.

In cambio, gli imprenditori in grado di vantare un referente dentro l’amministrazione, avrebbero ricevuto cubature extra e lavori in concessione. «Montesilvano resta comunque un modello di sviluppo» dice Marini con coraggio dopo lo choc. Ma per il centrosinistra è solo l’inizio di un lungo periodo buio. Il 12 dicembre 2006, ecco i nuovi arresti per il filone legato agli appalti nel verde: per Cantagallo è la seconda ordinanza di custodia cautelare. Il 13 luglio 2007 scatta Ciclone 2: sei persone arrestate, ex amministratori e imprenditori. Un anno dopo, con la decapitazione della giunta regionale (il 14 luglio 2008), il prezzo più alto sembra essere stato pagato.

Ma passano pochi mesi e, il 15 dicembre 2008, viene arrestato il sindaco di Pescara Luciano D’Alfonso. Per il coordinatore regionale del Pd le accuse sono gravissime: assieme a nove stretti collaboratori è accusato di associazione per delinquere. Per la procura, avrebbe costituito «una squadra d’azione» per distrarre denaro pubblico. E ancora una volta, al centro ci sono i rapporti con gli imprenditori, a partire da quello con Alfonso e Carlo Toto da cui D’Alfonso avrebbe ricevuto regalìe in cambio di presunti favori nella vicenda del project financing per la riqualificazione milionaria dell’area di risulta.

E anche allora, come oggi a Spoltore, dalle carte dell’inchiesta salta fuori una storia di cimiteri. A Pescara, è il project financing per la manutenzione e l’ampliamento dei due camposanti di San Silvestro e Colle Madonna, a inguaiare il sindaco e i suoi: 26 in tutto gli indagati, tra ex amministratori, dirigenti comunali, costruttori, per cui il pm ha chiesto il processo. La prossima udienza preliminare è in programma il 4 maggio.

Ma l’intreccio di interessi tra politica e mattone è anche al centro di un’altra grande inchiesta che coinvolge l’ex sindaco, quella sull’urbanistica (l’avviso di conclusione delle indagini è del 14 gennaio), legata a 22 accordi di programma sospetti portati avanti tra il 2005 e il 2008. Nell’elenco dei venti indagati, i grandi costruttori, i cui nomi sarebbero emersi da un elenco in codice ritrovato in un cassetto dell’ex braccio destro di D’Alfonso Guido Dezio: avrebbero pagato tangenti per evitare i vincoli del Piano regolatore o ottenere calcoli arbitrari del valore delle aree cedute.

Alla fine del 2008, il terremoto giudiziario si allarga anche a Penne, dove governa il sindaco ex Ds Donato Di Marcoberardino. Il primo segno sono le dimissioni dell’assessore all’Urbanistica Alberto Giancaterino: si scopre così che Varone ha aperto un nuovo fascicolo. Nel febbraio 2009, il quadro si chiarisce: 26 persone sono iscritte nel registro degli indagati per i permessi a costruire rilasciati a imprenditori e privati, sotto esame in particolare le autorizzazione per sottotetti che avrebbero assunto volumetrie diverse da quelle previste per legge.

La giunta regge, ma vacilla. L’amministrazione entra in fibrillazione: da quando si è insediata, si contano già quattro rimpasti di giunta.
Un anno dopo, esplode il caso Spoltore, il sindaco Franco Ranghelli e l’ex presidente del consiglio regionale Marino Roselli finiscono sotto accusa assieme a un gruppo di costruttori: i sospetti si concentrano sull’appalto per l’ampliamento del cimitero, sul collaudo del CityModa, su terreni agricoli resi edificabili. Ma l’inchiesta è solo alle prime battute.

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