Porto insabbiato, via da Pescara le petroliere

Le compagnie dirotteranno i carichi sugli scali di Ortona, Falconara e Civitavecchia

PESCARA. L'analisi costi-benefici delle compagnie petrolifere ha dato esito negativo: in un'infrastruttura soggetta a insabbiamenti periodici come il porto di Pescara, il traffico merci via mare non è economicamente conveniente. Le multinazionali dell'oro nero, abituate a rifornirsi ai depositi della società Abruzzo costiero, in questi mesi di paralisi totale degli spostamenti marittimi si sono riorganizzate. A fronte dei guadagni ballerini dati dal trasporto su gomma e dall'incertezza dei tempi di pulizia dei fondali, i grandi colossi annunciano di puntare in futuro su altri scali quali Ortona, Falconara e addirittura Civitavecchia.

Dopo l'addio ai collegamenti turistici con l'altra sponda dell'Adriatico, programmato dai vertici della compagnia di navigazione Snav a partire dall'estate 2017, anche le compagnie petrolifere intendono lasciare il porto di Pescara al proprio destino. «E' una questione di competitività», prova a spiegare Sabatino Di Properzio, amministratore delegato della società di servizi di logistica per prodotti petroliferi Abruzzo costiero, «finora siamo riusciti a tamponare con le autobotti, ma le spese sono aumentate di circa tre volte. Se si tratta di tirare la cinghia per qualche giorno, per poche settimane o addirittura per un mese allora possiamo farlo. Ma dopo che il mini dragaggio è stato spostato da luglio a settembre e poi da settembre a metà ottobre le compagnie ci hanno fatto sapere che si stanno riorganizzando su altre località».

L'ultima volta che una petroliera ha attraccato alla banchina della darsena commerciale per allacciarsi all'oleodotto di 7 chilometri e rifornire i serbatoi del gruppo Di Properzio è stato intorno alla metà di luglio. Poi la motocisterna Galatea si è insabbiata all'imbocco dello scalo e ha dovuto fare ritorno a Falconara, mettendo così fine al già risicato trasporto via mare degli idrocarburi. Già da un anno, infatti, l'imbarcazione era costretta a viaggiare a mezzo carico, trasportando 3.000 tonnellate di merci in stiva invece delle 6.000 consentite proprio a causa delle pessime condizioni dei fondali del porto. «La mancata gestione», prosegue Di Properzio, «di questa emergenza e l'assenza di programmazione fanno sì che gli operatori economici non abbiano più interesse: prima ha lasciato la Snav e adesso le compagnie petrolifere. Il piano regolatore portuale ha tempi lunghissimi e noi non possiamo più aspettare. Per ripartire occorrerebbe un dragaggio completo».

«Il dragaggio di 15mila metri cubi», ammette il comandante della Direzione marittima Enrico Moretti, «inizierà a giorni, ma è evidente che questa piccola operazione non risolverà nulla. Senza un'adeguata programmazione non si può impostare alcuna attività economica. È una situazione angosciante poiché si continua a respirare con una narice sola e ad affrontare i problemi basandosi sulla logica dell'emergenza. L'unica speranza è affidata ai lavori del piano regolatore portuale».