Gianni Chiodi, con il vice Castiglione e Gatti, ai tempi della giunta regionale di centrodestra

PESCARA

Rimborsopoli abruzzese, ecco perché il fatto non sussiste

Accuse carenti, secondo il giudice, e nessun utilizzo per fini personali da parte dell'ex governatore Chiodi, del vice Castiglione e dell'ex assessore Gatti

PESCARA. «La prospettazione dell'accusa è carente quanto alla prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, di un utilizzo per fini personali, e quindi illecito, dei fondi regionali nella disponibilità dei singoli componenti». È quanto si legge nelle motivazioni che accompagnano la sentenza di assoluzione «perché il fatto non sussiste», emessa dal gup del tribunale di Roma il 12 giugno scorso, nei confronti dell'ex presidente della giunta regionale abruzzese Gianni Chiodi, dell'ex vicepresidente Alfredo Castiglione e dell'ex assessore all'Istruzione Paolo Gatti, in riferimento alla cosiddetta Rimborsopoli abruzzese. I fatti, riguardanti l'utilizzo delle carte di credito della Regione, risalgono a un periodo compreso tra il 2009 e il 2011. Le accuse, nei confronti dei tre imputati assolti, difesi dagli avvocati Pietro Referza, Enrico Mazzarelli, Dante Angiolelli e Gennaro Lettieri, erano di peculato e, soltanto per Chiodi e Gatti, anche di truffa aggravata. In particolare, le difese hanno dedotto come le spese per alloggio, pranzi, cene, coperte con i fondi erogati dall'ente e poi rimborsati, rientravano tutte nel budget annuo di spesa, ed erano tutte autorizzate e correlate all'esercizio del mandato istituzionale. Il gup mette in luce che «gli imputati hanno sostenuto delle spese, pagando direttamente con carta in dotazione o anticipandole e chiedendo poi il rimborso, fra l'altro per un ammontare non rilevante, giustificando adeguatamente l'utilizzo o comunque producendo a supporto documenti attestanti spese inerenti le loro finalità istituzionali. La documentazione predisposta a giustificazione delle spese sostenute dagli imputati nel corso delle missioni in oggetto delle rispettive contestazioni» prosegue il giudice «risulta redatta in piena conformità alla normativa e alle delibere che disciplinano la materia». Il giudice inoltre considera «un dato oggettivo e inconfutabile, emerso dalle indagini svolte, che tali spese, di entità non ingente e sempre nei limiti del budget previsto per ciascun componente della giunta regionale, non risulta essere stato oggetto di alcun rilievo in sede amministrativa. La stessa indagine avviata dalla procura della Corte dei Conti della regione Abruzzo» rimarca il gup «risulta archiviata non essendo emerse irregolarità contabili». Più nello specifico, in riferimento alla posizione di Chiodi, il gup scrive che «nessuna delle singole spese rientra nella categoria delle spese abnormi e come tali illecite, rispondendo invero a criteri di congruità e alla modalità di spesa previste dalla normativa regionale». Le motivazioni della sentenza mettono poi in luce che «dagli atti di indagine è provato inequivocabilmente che non si tratta di spese finalizzate a interessi personali dell'imputato ed estranee alla sua attività politico istituzionale». Infine si fa riferimento anche al rimborso per il pernotto effettuato da Chiodi, in compagnia di un'altra persona, all'Hotel del Sole a Roma, in occasione di una missione istituzionale. «Le indagini» chiosa il giudice «hanno accertato che da parte dell'imputato non vi è stata alcuna condotta truffaldina diretta a lucrare un guadagno indebito» .