il ricorso

Rockhopper chiede al Tar di sbloccare Ombrina

Dopo la decisione del governo di ripristinare il limite delle 12 miglia, si inasprisce la battaglia per i nuovi permessi sulla costa abruzzese. La società petrolifera: «Il ministero dello sviluppo ha tutti gli elementi per firmare la concessione». In caso di «ulteriore inerzia» la società sollecita l’intervento di un commissario

PESCARA. La battaglia sul pozzo petrolifero Ombrina mare si inasprisce dopo la decisione del governo, attraverso la legge di Stabilità, di ripristinare il limite delle 12 miglia dalla costa per nuovi permessi di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi a gassosi in mare. La società petrolifera inglese Rockhopper Italia, titolare del permesso di ricerca nell’area di mare di 271,25 km quadrati al largo della costa abruzzese, ha presentato il 30 dicembre scorso un ricorso al Tar del Lazio contro il ministero (e nei confronti della Regione Abruzzo e delle Province e dei Comuni interessati dal progetto), per non aver ancora rilasciato la concessione di coltivazione del giacimento Ombrina mare, «in violazione», scrive nel ricorso la società rappresentata dagli avvocati Roberto Leccese e Andrea Marega, di «tutti i termini di legge per il procedimento di conferimento della concessione di coltivazione di idrocarburi» e per essere «in contrasto con il fondamentale principio del buon andamento della l’azione amministrativa». Il ricorso arriva dopo sette anni dalla scoperta del giacimento di olio e gas e dall’istanza di concessione di coltivazione, dopo sei anni dal parere tecnico favorevole del ministero dello Sviluppo economico, dopo i pareri positivi dei ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali, e dopo due diffide al ministero dello Sviluppo economico datate 27 novembre 2015 e 14 dicembre 2015.

In sostanza la Rockhopper accusa il ministero di aver perso e di perdere ancora tempo, «nonostante abbia tutti gli elementi necessari per concludere il procedimento»: anni invece dei 160 o al massimo 250 giorni dalla domanda previsti dalla legge per i provvedimenti di concessione e soprattutto anni invece dei 15 giorni che devono trascorrere dalla pronuncia del ministero dell’Ambiente che deve adottare il decreto Via-Aia.

Per la Rockhopper il motivo di questa «condotta omissiva», «può forse spiegarsi - ma non certo giustificarsi - alla luce del noto dibattito in corso presso l’opinione pubblica» in materia di trivelle a mare, «nonché di varie iniziative legislative (vedi la Legge di Stabilità e la proposta referendaria, ndr.) suscettibili di incidere profondamente sulle attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare». Un comportamento doppiamente inspiegabile per Rockhopper secondo la quale «il dibattito in corso e la mutevolezza del quadro normativo dovrebbero semmai indurre la pubblica amministrazione ad accelerare piuttosto che ritardare la conclusione del procedimento».

Rockopper cioè si meraviglia che non sia accaduto quello che invece temevano coloro che si oppongono a Ombrina, cioè un colpo d’efficienza degli uffici del ministero prima dell’approvazione della Legge di stabilità. Ora la società inglese torna a insistere anche col Tar perché «ordini» al ministero di firmare la concessione: «Il Mise avrebbe dovuto (e tutt’ora deve senza ulteriore indugio) emettere il decreto di conferimento della concessione di coltivazione alla società». E chiede al tribunale amministrativo «in caso di ulteriore inerzia» che «sia nominato un commissario ad acta». Intanto si è in attesa del pronunciamento della Corte costituzionale sui referendum promossi da 10 consigli regionali, tra cui l’Abruzzo, contro quelle parti dello Sblocca Italia che accelerano l’iter per le trivelle a mare.

©RIPRODUZIONE RISERVATA