Ilaria con la madre Maria Grazia Piccinini

Scuole sicure, la madre di Ilaria: «I figli sono preziosi, pretendete sicurezza»

Parla l'avvocato di Lanciano Maria Grazia Piccinini, che nel terremoto del 2009 perse la figlia di 25 anni, studentessa di ingegneria a L'Aquila

PESCARA. A otto anni dalla tragedia dell’Aquila non ha ancora avuto giustizia. A otto anni dalla catastrofe del terremoto che le ha portato via Ilaria, 25 anni, studentessa in Ingegneria, deve persino risarcire lo Stato. Maria Grazia Piccinini, avvocatessa di Lanciano, piange di rabbia e dolore. «La vita dei figli è preziosa. Genitori, pretendete sicurezza», dice mentre ripensa al volto sereno e sorridente della sua Ilaria. «I cittadini debbono sapere se una scuola è sicura. Debbono pretenderlo per decidere se mandare i propri figli altrove. Chi, come me, ha perso una figlia per un terremoto sa che la morte arriva due volte: il giorno della tragedia e il giorno in cui non ottieni giustizia».

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Avvocatessa Piccinini, che cosa pensa della campagna scuole sicure portata avanti dal Centro, il quotidiano degli abruzzesi?

«Ne penso tutto il bene possibile perché c'è bisogno di martellare continuamente le coscienze degli amministratori pubblici. Occorre generare la domanda dalla base. In tanti anni di attività di sensibilizzazione con l'associazione che presiedo, “Ilaria Rambaldi onlus”, ho capito che ci sono amministratori pubblici assolutamente insensibili. Rimandano ad altri il problema con una frase, sempre la stessa frase: “Ma proprio qui deve risuccedere?”. Non c’è coscienza del fatto che se il terremoto si è verificato una volta si verificherà sicuramente ancora».

In Abruzzo 9 scuole su 10 sono insicure. Ma la nostra campagna sulle scuole sta dando i primi risultati: molti sindaci, presidenti di Province e dirigenti scolastici, si sono impegnati a mostrare ai genitori, domani alla riapertura delle scuole, gli indici di sicurezza. Secondo lei basta?

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«E’ già tanto. I giornali hanno un grande potere perché sono molto diffusi tra la gente, entrano nelle case delle persone, vengono acquistati da tutti i ceti sociali, che parlano di ciò che viene scritto. Ma bisogna fare di più rendendo pubblici gli indici di vulnerabilità di tutti gli edifici sensibili, soprattutto dei luoghi dove lavoriamo. Ogni edificio pubblico deve avere scritto all’ingresso il proprio indice di rischio sismico».

Il problema delle scuole non a norma, e non solo le scuole, è stato sottovalutato in Abruzzo. A otto anni dal terremoto dell’Aquila infatti il 93% della scuole è ancora insicuro. E' d'accordo?

«Sì, lo hanno sempre sottovalutato. Ho avuto un’esperienza personale relativa a un mutuo che fu contratto da un’amministrazione che era in carica a Lanciano nel momento del terremoto. E che, sensibilizzata da quella situazione, contrasse il mutuo per mettere in sicurezza un asilo nido. Ma l'anno successivo cambiò l’amministrazione e il prestito, benché erogato, venne stornato per fare tutt'altro. L'asilo nido non fu messo in sicurezza. Ricordo di aver denunciato il fatto sui giornali, ma dal Comune non mi mandarono neppure a chiamare. La mia denuncia fu presa come un attacco politico e non come una richiesta di sicurezza. Accade così anche altrove. Si finanzia tutto, ma mettere in sicurezza le scuole non interessa a nessuno. Eppure i terremoti ci sono tutti i giorni, ma non vedo amministrazioni che mettono a disposizione fondi sufficienti per le scuole. Stanno facendo piste ciclabili e rotonde, ma alla sicurezza e alla vita dei nostri figli nessuno ci pensa».

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Intervistato dal Centro, Antonio Morelli, papà della piccola Morena morta nella tragedia di San Giuliano di Puglia, dice alle amministrazioni una frase da pelle d'oca: “Datevi da fare perché secondo me è solo una questione di tempo. E se una tragedia avviene le lancette dell'orologio poi non si possono portare indietro”. Lo condivide?

«Non solo lo condivido ma avverto, come presidente dell'associazione Ilaria Rambaldi onlus, una brutta atmosfera che mi circonda. Noi che portiamo avanti il tema della prevenzione sismica veniamo considerati solo come delle Cassandre, come menagrami che vogliono attirare le disgrazie, e non come cittadini segnati dagli eventi e dal dolore che pongono, come prioritario, un problema che c'è e ci sarà. E questo è sicuro: non si sa quando, non si sa come e dove, ma ci sarà. Dobbiamo solo essere pronti. In Messico c'è stato il terremoto di intensità 8.2. Ma c'erano grattacieli ancora in piedi. Se fosse accaduto in Italia non esisteremmo più: nessuno di noi si sarebbe salvato. Il Messico ci ha dimostrato che le tecniche di prevenzione esistono. Anche noi le studiamo ma poi le esportiamo perché qui non si investe sulla ricerca. Ho parlato con un ricercatore dell’università della Basilicata, che collabora con un professore famoso della Nuova Zelanda, e che ha messo a punto delle tecniche costruttive. In Nuova Zelanda vengono applicate costantemente, migliorate, provate e collaudate. Ma in Italia non le vogliono neppure sentire. C’è il rifiuto a farlo».

Ma se poi le tragedie accadono e si tratta di individuare le responsabilità, come dice anche Morelli nell'intervista al Centro, scatta lo scaricabarile: nessuno sa nulla. E alla fine accade che chi è vittima è persino costretto a pagare. La sua esperienza drammatica diventa in questo caso emblematica. E fa davvero indignare. Può spiegare ai lettori del Centro che cosa le è accaduto?

«In questi giorni sto vivendo un momento molto brutto dopo averne passati tanti dalla morte di Ilaria in poi. Al processo contro la Commissione grandi rischi lo scaricabarile c'è stato. E non solo quello. Mia figlia, una delle 27 vittime di via Campo di Fossa, è stata colpevolizzata per essere stata diligente. Quella notte, infatti, lei è tornata a dormire perché era all’Aquila a studiare e aveva creduto alle rassicurazioni della Commissione. Per questo motivo è morta sotto le macerie. Ma ad agosto, a distanza di tanti anni dal terremoto, e dopo che la causa è finita senza colpevoli, mi sono vista notificare una citazione per la restituzione di somme della provvisionale (anticipo di risarcimento, ndr). Era anche una piccola somma data in conto per la perdita subìta di Ilaria. Trovo tutto questo di una gravità assoluta. E’ un insulto alla memoria di mia figlia. Molti mi hanno promesso interventi, dopo che il Centro ha riportato questa notizia. A tutti i livelli hanno annunciato iniziative. L’onorevole Gianni Melilla ha fatto anche un’interrogazione parlamentare. Ma nella sostanza non è accaduto niente. C'è stata un po' di maretta, solo un po’ di maretta, e poi nulla. Anche ad altri sono arrivate citazioni, e ne notificheranno ancora. Io e i parenti delle altre vittime ci sentiamo feriti, offesi e beffati».

E’ giusto quindi che i genitori sappiano. Che siano messi a conoscenza degli indici di vulnerabilità delle scuole dove mandano i propri figli. Perché se poi accade la tragedia, come è accaduto nel suo caso, c’è persino il rischio che un figlio venga ammazzato due volte.

«Mi indigna e mi fa piangere. Ma è proprio così. Ti senti inutile quando anche lo Stato, che ti deve proteggere, ti viene contro. Lo Stato che da padre diventa patrigno. È insopportabile. Mi creda, è davvero insopportabile».

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