Tangenti, sospetti su 20 appalti Al setaccio gli appalti gestiti da D’Intino

Si allarga l’inchiesta sull’Asl, nel mirino 20 assegnazioni di lavori. Dopo i cinque arresti, indagini sull’attività del dirigente D’Intino. Gli interrogatori. A casa gli infissi del cantiere dell’ospedale

PESCARA. Dopo gli arresti, l’inchiesta sul nuovo scandalo alla Asl di Pescara riparte dalla documentazione prelevata nel corso degli blitz di lunedì, quando la polizia ha eseguito cinque ordinanze di custodia cautelare, sequestrando incartamenti, faldoni e computer che occupano un intero ufficio al primo piano della questura.

Da un primo esame del materiale, Franco D’Intino, il dirigente della Asl finito in carcere con accuse che vanno dalla corruzione, al falso ideologico alla truffa aggravata, avrebbe avuto infatti la titolarità, come responsabile unico (Rup), di numerosi altri procedimenti, forse una ventina. Ma il numero e il contenuto, dovrà ora essere accertato, così come annunciato lunedì dal dirigente della squadra Mobile Nicola Zupo. Che le indagini debbano continuare del resto lo sottolinea lo stesso gip Guido Campli nella sua ordinanza: «Le investigazioni hanno necessità di essere completate e le sue risultanze consolidate con ulteriori atti di acquisizione della prova». Nell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Gennaro Varone, dunque, si annunciano sviluppi.

I dettagli, intanto, sembrano confermare il quadro che il gip definisce «allarmante». Nel corso delle perquisizioni, infatti, in un locale dell’abitazione di D’Intino, a Turrivalignani, gli agenti avrebbero scoperto circa quindici infissi in alluminio destinati ai lavori di ristrutturazione della casa che sembrerebbero provenire dal cantiere del polo materno-infantile. Gli infissi, identici a quelli montati durante i lavori della palazzina, infatti, sono marchiati con adesivi della Cre Impianti Tecnologici, in carcere assieme al suo braccio destro Giacomo Piscitelli: sul bancale ci sarebbe l’indicazione “piano 3º, ala 3”: secondo gli investigatori, (ma l’ipotesi dovrà ora essere provata), il materiale potrebbe essere entrato nel cantiere dell’ospedale, essere stato registrato nello stato di avanzamento dei lavori e quindi essere uscito per entrare nella casa del funzionario della Asl. Gli infissi, peraltro, sembrerebbero essere stati realizzati a misura per studio, camera, cameretta.

Il cantiere per la costruzione del nuovo dipartimento di Ostetricia e ginecologia, del resto, sulla base degli atti, sembra trafficato come lo scalo merci di una stazione ferroviaria. Strani movimenti, scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare, si registrano quando Piancone apprende che il direttore generale Claudio D’Amario, «ormai preoccupato del possibile intervento della magistratura», è intenzionato a fermare l’appalto che però la Asl avrebbe «cercato di salvare sino all’ultimo» nonostante le «gravissime irregolarità». È necessario «cercare di arrivare almeno fino al 22» avrebbe detto il direttore dei lavori Damiana Bugiani, ai domiciliari come il collega Alfonso Colliva perché, secondo l’accusa, avrebbero riscosso parcelle da decine di migliaia di euro senza, in realtà, scrivere gli atti di contabilità pubblica e omettendo i controlli. Lo scopo, secondo Campli, è evidente: bisogna «consentire all'uomo di restare nel cantiere quanto più possibile». L’imprenditore, infatti, si sarebbe dato «un gran da fare a trasportare sul cantiere macchinari e oggetti inutili per aumentarne la consistenza e poter, dunque, calcare la mano sulle riserve e i danni». A sostenere questa ipotesi, ci sarebbe anche una telefonata del 17 dicembre 2009 in cui l'uomo sollecita un familiare a portare all’ospedale materiale obsoleto.

Poco prima che D’Amario (indagato per falso per avere avallato una perizia di variante che portava da 3 a 7 milioni il costo dei lavori) blocchi tutto con un atto di auto-tutela, viene fatto un tentativo estremo di salvare l’appalto. Ovvero, una variante della variante. Anche questa, secondo l’accusa, redatta da Piscitelli per l’impresa. Si tratta, in sostanza, di dividere in due lotti la perizia da 7 milioni: sarebbe stato un éscamotage per non superare con la variante, come previsto dalla legge, il 50 per cento del costo iniziale. Le intercettazioni documentano le conversazioni di Piscitelli prima con un tecnico amico, poi con Colliva. Dice al primo: «Le tavole ci penso io, tu mi devi dividere solo a livello di numeri». In seguito parla con Colliva: «Ti sto mandando la relazione, perché intanto te la cominci a masticare. Io avrei finito il lavoro di separazione (nei due lotti, ndr). Penso di aver fatto una cosa discreta, ti chiedevo se lunedì potevi passare di qua, in modo che così io ti davo i numeri e le indicazioni». E Colliva risponde solo «sì». Dunque, per il gip, la conferma che «è l’impresa che ha redatto i nuovi calcoli» e che i direttori dei lavori, pagati dalla Asl, in realtà «non si siano mai interessati della redazione di alcun atto contabile» e che si siamo «limitati a sottoscrivere acriticamente quelli predisposti dall’azienda e a incassare le parcelle».

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