Valanga uccide 2 alpinisti

Morti un uomo e una donna. Un altro si è salvato.

L’AQUILA. Sono morti travolti da una valanga sul Gran Sasso dove stavano facendo una escursione. Ma non dovevano essere lì: le condizioni erano proibitive e gli stessi addetti della funivia di Campo Imperatore li avevano avvisati. Ma a Francesca Laera, architetto di 35 anni, e Franco Mataloni, impiegato 48enne di Roma, la sfida al destino è costata la vita. Salvo Antonio Leone (40), romano, che era con loro.
L’ESCURSIONE. I tre, iscritti al Cai di Roma e con una discreta esperienza, ieri mattina erano giunti all’Aquila intenzionati a fare l’escursione. Erano molto decisi visto che si sono avventurati nonostante gli impianti fossero chiusi per il tempo cattivo, la temperatura fosse di 11 gradi sotto zero e ci fosse molta nebbia. Per cui, intorno alle 12, si sono messi in cammino con piccozza e ramponi e hanno iniziato a percorrere il «sentiero estivo», ovvero il canalino «Duca degli Abruzzi» nei pressi dell’omonimo rifugio, davanti a Monte Aquila, a circa 2400 metri di altitudine.
LA TRAGEDIA. Probabilmente avevano capito, sia pure in ritardo, che stavano commettendo un errore gravissimo e hanno provato a tornare indietro. Forse sono stati i loro stessi movimenti a far sì che la neve fresca scivolasse fino a creare una enorme valanga che li ha trascinati per 200 metri: per un miracolo la valanga ha catapultato lontano Antonio Leone mentre gli altri due sono rimasti sotto alcuni metri di neve.
L’ALLARME. Gli uomini di polizia e carabinieri, che hanno un presidio a Campo Imperatore, hanno notato la slavina, ma inizialmente non pensavano che sotto ci fosse qualcuno comunque si erano allertati. Poco dopo li ha raggiunti il superstite. «Correte, correte i miei amici sono sotto la valanga», ha urlato per poi cadere in uno stato di choc. La macchina dei soccorsi è partita subito e sul posto si trovavano già gli uomini del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico i quali erano nella vicina Montecristo per una esercitazione. In breve tempo hanno localizzato il punto dove i due in linea di massima erano stati sepolti. Sono stati chiamati anche gli agenti della forestale e la guardia di finanza che con i cani hanno individuato più esattamente la localizzazione. Presente anche il 118. Per prima, verso le 16, è stata estratta senza vita Francesca Laera sepolta sotto sei metri, deceduta probabilmente per le lesioni. Più in superficie, dopo circa mezzora, è stato ritrovato anche Franco Mataloni, forse deceduto per asfissia, ma questo verrà verificato con l’autopsia. I soccorsi, comunque, non sono stati facili, per via della fittissima nebbia. Infatti soltanto più tardi si è riusciti a valutare che il fronte della valanga è stato di una ampiezza di 150 metri. Inoltre stava per sopraggiungere l’oscurità. Ma oltre a contravvenire ad alcune avvertenze i tre alpinisti hanno, infatti, omesso di portare dietro il sistema di ricognizione denominato Arva, che avrebbe agevolato la loro individuazione. Va anche detto che, nel caso specifico, forse sarebbe servito a poco. Le salme sono state trasferite nell’obitorio dell’ospedale di Avezzano. L’altro escursionista, sotto choc, è stato portato in ospedale per dei controlli, ma le sue condiziono sono buone non avendo riportato contusioni serie.
GLI ERRORI. La tragedia avrebbe potuta essere evitata. Anche perchè i tre avevano una discreta esperienza. E lo stesso Franco Mataloni era un appassionato di escursioni ad alta quota. Al punto che nello scorso mese di dicembre era stato promosso a «esperto» dal Club alpino italiano di Roma. E con un gruppo di amici aveva anche allestito un sito con il quale raccontava le sue escursioni. Comunque gli avvertimenti non erano mancati. Infatti quando i 3 sono saliti in funivia erano stati sconsigliati ripetutamente dal personale del Centro turistico. In particolare, secondo quanto si è appreso, sembra che la donna fosse la meno propensa ad avventurarsi nella escursione verso Monte Aquila mentre Mataloni, forte della sua maggiore esperienza, ha insistito ritenendo comunque di schivare tutte le insidie.
IL RAMMARICO. Il presidente del Centro turistico del Gran Sasso, Vittorio Miconi, da noi ascoltato ieri, è affranto e rammaricato per una disgrazia annunciata ma evitabile con il solo buon senso. «Avventurarsi per la montagna in quelle condizioni è un errore gravissimo, una follia per gente di una certa esperienza» ha commentato, «infatti avevamo posizionati decine di cartelli che vietavano fuori pista ed escursioni, gli impianti erano chiusi, faceva freddo e tirava un vento di oltre cento chilometri orari. Erano stati sconsigliati da tutti e, dispiace dirlo parlando di persone morte, ma è stata una imprudenza bella e buona. Proprio due giorni fa c’era stata una intensa nevicata e questo ha accresciuto il rischio di una valanga». Della stessa opinione altri soccorritori. «E’ doloroso dirlo», affermano, «ma avventurarsi in quelle condizioni di scarsa visibilità significa andare incontro a un rischio notevolissimo».
ALLERTA. Dopo quanto avvenuto ieri resta alta l’attenzione sulle valanghe su tutto l’Appennino centrale. L’allerta viene dal Corpo Forestale dello Stato, che raccomanda di consultare sempre i bollettini. «Il Corpo forestale dello Stato aveva già segnalato» si legge in una nota, «la pericolosità di tali attività in queste zone sul bollettino di pericolo valanghe del servizio Meteomont».
FORZE IN CAMPO. Ieri lo spiegamento di forze per soccorrere gli escursionisti romani è stato notevole. Infatti c’è stata una mobilitazione di tutte le forze dell’ordine con decine di persone. Si è operato in sinergia tra carabinieri, forestale, finanza e polizia. Tra i più numerosi gli operatori del Corpo nazionale Soccorso alpino e speleologico con il responsabile dell’Aquila Antonio Pace e il vice delegato Francesco Di Cola con gli addetti delle sezioni di Avezzano, Teramo e Penne.
INCHIESTA. La procura della Repubblica aquilana ha aperto una inchiesta, ma si tratta di un atto dovuto non essendo emerse finora responsabilità di terzi nella tragedia.