Antonio Maspes, pistard, sette volte campione del mondo, 1955

TURNO DI NOTTE

Quei saluti che arrivano dall'Italia del 1955

«Cari saluti. Giuse». Questo messaggio ha impiegato 63 anni per giungere a destinazione. Era un semplice saluto scritto sul retro di una cartolina illustrata con la foto del palazzo comunale di Bergamasco, un paese in provincia di Alessandria. Il timbro postale porta la data del 14 settembre 1955. Giuse (diminutivo di Giuseppina) l’aveva inviata a Marie Griseri, una sua amica di Aosta che l’ha ricevuta cinque giorni fa. Il figlio di Marie ha raccontato così la scoperta: «Dai miei gentori ho visto sul secretaire una cartolina; ho chiesto come mai avessero tirato fuori una cartolina così datata; mia mamma, però, mi ha detto che l’aveva trovata nella buca delle lettere venerdì 8». Per percorrere 170 chilometri la cartolina ha impiegato una piccola eternità. E’ partita in un’Italia in cui una 600 costava 590mila lire (290 euro) ed è arrivata in un Paese in cui con quella cifra non compri neppure una bicicletta. Due settimane prima che la cartolina iniziasse il suo viaggio nel tempo, Antonio Maspes, il più grande ciclista velocista italiano di sempre, aveva conquistato il suo primo mondiale su pista. Nato nella febbrile e mercuriale Italia del dopoguerra quel «Cari saluti. Giuse» è giunto a destinazione nel Paese della lentezza. Quasi il segno di un destino che compie la sua parabola per (si spera) cominciare un’altra storia.
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