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1 Maggio

Oggi, ma nel 1925, veniva pubblicato sul quotidiano Il Popolo (nella foto) e contemporaneamente anche sul Mondo, nel giorno della festa dei lavoratori, il Manifesto degli intellettuali antifascisti ideato da Benedetto Croce, su proposta del giornalista Giovanni Amendola. Usciva come antimanifesto in risposta polemica al Manifesto degli intellettuali fascisti, pensato dall'ideologo di Mussolini, Giovanni Gentile, su sollecitazione del giornalista Franco Ciarlantini, capo dell'ufficio stampa e propaganda del partito nazionale fascista, e apparso sul Popolo d'Italia il 21 aprile precedente, giorno della ricorrenza del Natale di Roma. Poi il Manifesto di Gentile era stato ripreso da tutti i quotidiani. Il Manifesto del filosofo originario di Pescasseroli, che annoverava tra i firmatari anche l'avvocato e giornalista Panfilo Gentile da Paganica (che pagherà la scelta con l'allontanamento dall'insegnamento universitario), sancirà la rottura con il fascismo dopo che nella seduta del Senato del 24 giugno 1924, in pieno tumulto per il caso del rapimento del deputato socialista unitario Giacomo Matteotti, avesse votato la fiducia a Benito Mussolini: sperando che in quel modo si potesse rompere la deriva autoritaria. La battaglia dei due "manifestanti" creerà attrito ulteriore tra i sostenitori di Gentile e quelli di Croce. Mentre Gentile sancirà il suo ruolo di mente raffinata del ventennio, don Benedetto diventerà l'incarnazione dell'opposizione intellettuale al regime e dopo l'inasprimento della situazione, con le leggi fascistissime, con l'abolizione della libertà di stampa, col ripristino della pena di morte, con l'istituzione del tribunale speciale per la difesa dello Stato, con l'introduzione del confino di polizia, con la soppressione dei partiti, la sua resterà l'unica vera voce di dissenso tollerata dal duce.

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