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23 luglio

Oggi, ma nel 1946, a Torino, in via Artisti 1, nell'appartamento al piano terra, veniva ucciso mentre era nel letto, a colpi di martello, il ragioniere Gino Romano Pavanato. La vittima (nella foto la doppia pagina del servizio del settimanale "Crimen", numero 12, anno IV, del 30 marzo - 6 aprile 1948, sul caso), omosessuale, abitualmente dedito a commerci di borsa nera nel secondo dopoguerra, verrà ritrovata in una pozza di sangue la mattina successiva. Contestualmente all'omicidio erano state rubate da casa sua delle banconote da mille lire, un orologio da polso in oro, un anello ugualmente in oro e con diamante. Il 26 luglio successivo verrà arrestato Pasquale Lucisano, militare di leva in servizio nella divisione di fanteria Cremona di stanza nel capoluogo sabaudo, originario di San Giorgio Morgeto di Reggio Calabria. All'individuazione dell'allora presunto colpevole si arriverà grazie alle indicazioni fornite da Angelo Perino, altro personaggio noto nel sottobosco degli "invertiti" sessualmente, come allora erano chiamati i gay, che non disdegnava di accompagnarsi a pagamento con giovani in divisa, come riporterà il quotidiano "La Stampa" del 30 luglio 1946. Lucisano verrà condannato a 30 anni di carcere dalla Corte d'assise torinese il 18 febbraio 1948 per omicidio a scopo di rapina con l'aggravante dell'uccisione per futili motivi. La pena verrà ridotta da 30 a 26 anni, dei quali 3 condonati, escludendo l'aggravante, il 26 maggio 1950, dalla Corte d'assise di Alessandria, dopo il processo di revisione richiesto dopo il passaggio in Corte di cassazione. Il fatto di sangue riguardante Pavanato sarà associato ad un altro "giallo", eseguito sempre nella città della Mole, sempre a colpi di martello, nella notte tra il 31 luglio e l'1 agosto 1945, nell'appartamento di corso Vittorio Emanuele II numero 37, sempre ai danni di un ragioniere, Guido Gambaro, impiegato del Genio civile, sempre omosessuale, e sempre con furto di danaro e preziosi annesso. Di fatto i due omicidi non erano collegati, e nel caso Gambaro i responsabili non verranno individuati, ma il collegamento amplificherà il disgusto dell'opinione pubblica piemontese verso il mondo dei "pederasti", altro termine dispregiativo in voga in quegli anni.