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25 Aprile

Oggi, ma nel 1911, a Torino, si suicidava tagliandosi la gola con un rasoio da barbiere (nella foto, la notizia sulla Stampa del 26 aprile) nel Vallone di San Martino, vicino alla chiesetta della Madonna del Pilone, nei pressi di Villa Rey, lo scrittore e giornalista Emilio Salgari, il padre degli eroi. Dalla sua inesauribile fantasia erano nati personaggi destinati a diventare iconici: Sandokan, la Tigre della Malesia, Yanez, la perla di Labuan ed altri idoli dei giovani e non solo italiani di fine '800 e inizio '900. Sommerso dai debiti di una vita condotta senza misura, afflitto dalla malattia mentale della moglie Aida rinchiusa in manicomio, spossato dai problemi dei numerosi figli, vessato dagli editori che lo sottopagavano e stremato dal forsennato ritmo di scrittura che si imponeva come se fosse un operaio alla catena di montaggio, decise di fare come gli antichi samurai colpiti nell'orgoglio. Il cadavere veniva ritrovato dalla lavandaia di 26 anni Luigia Quirico. Il "Capitano" era nato a Verona nel 1862 e aveva già tentato di farla finita nel 1909 gettandosi sopra una spada, ma era stato salvato dalla figlia Fatima. Sul suo tavolino da lavoro aveva lasciato tre lettere: ai figli, ai direttori di giornali, agli editori. Emblematica rimarrà la sua chiusa: «Sono ormai un vinto, vi saluto spezzando la penna». Ai funerali, pagati dal Comune con una sottoscrizione pubblica, buona parte della Torino bene si presenterà stringendo, in segno di ricononoscenza, sotto il braccio uno dei suoi tanti volumi di narrativa e "salgariano" diventerà l'aggettivazione di un modo di essere.

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