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4 Maggio

Oggi, ma nel 1954, nella frazione Ribolla del Comune di Roccastrada, l'esplosione di grisù nella centrale sezione "camorra sud" della miniera di carbone della Montecatini, a 260 metri di profondità, causava 43 morti tra i 47 minatori al lavoro. La causa sarà imputata a fatalità dovuta alla scarsa ventilazione e non più di tanto alle condizioni di sicurezza precarie dell'impianto diretto dal 1951 dall'ingegner Lionello Padroni. Infatti, al processo che si terrà a Verona, non ci saranno colpevoli. Neppure la posizione dell'ingegnere Giulio Rostan, direttore di tutti i servizi minerari della Montecatini, verrà scalfita. Ma dopo l'incidente, la proprietà, costretta comunque a indennizzare le famiglie delle vittime, chiuderà l'impianto e serviranno cinque anni per smantellare la mina. Sopra, in ricordo, sarà collocato il "monumento al minatore", dello scultore Vittorio Basaglia. Per recuperare le salme, i vigili del fuoco impiegheranno un mese. Ai funerali (nella foto) delle vittime ci saranno 50mila persone. L'episodio verrà eternato nel saggio "I minatori della Maremma", scritto da Luciano Bianciardi con Carlo Cassola, pubblicato nel 1956 da Laterza. E anche nel romanzo di Bianciardi, "La vita agra", del 1962, edito da Rizzoli, che poi nel 1964 avrà anche la trasposizione cinematografica nel film omonimo del regista Carlo Lizzani con l'attore Ugo Tognazzi. Nella stessa cava di lignite, da cui in un secolo di attività erano state scavate 270mila tonnellate di fossile, si erano già verificati altri scoppi mortali dovuti al gas di accumulo nei pozzi: nel 1925, nel 1935 e nel 1945.

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