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7 agosto

Oggi, ma nel 1952, a Caccamo, in Provincia di Palermo, in località Piani Margi, sicari del boss mafioso locale Giuseppe Panzeca uccidevano a colpi di accetta e poi facevano a pezzi il segretario della Camera del lavoro cittadina Filippo Intili. L'agguato mortale avveniva per ragioni politiche: la vittima, prossima alla candidatura come capolista del Partito comunista alle elezioni comunali, dava fastidio perché gettava ombra sul controllo del Consiglio municipale da parte del boss "don Peppino". Inoltre Intili, classe 1901, si batteva in difesa dei diritti dei contadini della zona: soprattutto per fare applicare il decreto 19 ottobre 1944, proposto dall'allora ministro dell'Agricoltura Fausto Gullo, comunista, nel governo presieduto da Ivanoe Bonomi. Provvedimento che prevedeva la ripartizione del raccolto in 60 per cento al mezzadro e 40 al proprietario del terreno per limitare le difficili condizioni di vita nelle campagne. La mafia invece voleva che si continuasse a spartire al 50 per cento, come d'abitudine e temeva ogni possibile unione di protesta tra braccianti e fittavoli. Intili, sposato e con tre figli, era stato massacrato dopo che il figlio Bernardo lo aveva lasciato solo, alle pendici del monte San Calogero, per riportare a Caccamo il mulo carico di sommacco siciliano, utilizzato essiccato come spezia e come colorante per la concia delle pelli. Per l'omicidio non verrà condannato nessuno, né come esecutore materiale, né come mandante. La Regione Sicilia, con la legge numero 20 del 13 settembre 1999, riconoscerà Intili tra le vittime della Mafia. Nel 2014, in occasione dell'anniversario del delitto, il 7 agosto, l'amministrazione cittadina guidata dal sindaco Andrea Galbo, su indicazione della scrittrice ed attivista comunista Vera Pegna, consigliere comunale Pci di Caccamo dal 1962 al 1964, porrà un cippo commemorativo nel luogo della mattanza.