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7 maggio

Oggi, ma nel 1955, a Roma, Adriana Sabatini di 26 anni uccideva con 3 colpi di pistola (dei 5 esplosi) il padre Eraldo nel negozio di scarpe del genitore sulla circonvallazione Casilina. La Sabatini, commessa in una polleria di via Calatafimi, fidanzata con Roberto Venzi, aveva sparato dalla pistola calibro 7,65 comperata due settimane prima per 25mila lire col preciso intento del parricidio imputando alla vittima di aver abbandonato lei e la madre, Filippina Cordova, venditrice ambulante di verdure al mercato, in miseria per convivere con Agnese D'Emilio. La Sabatini per questo non aveva potuto neppure conseguire la licenza elementare a scuola. Inoltre la grave indigenza e la precarietà della sua abitazione di viale Della Regina aveva, a dire della killer, comportato la morte del fratello Pietro che non era stato in condizioni economiche di poter curare la sua malattia. Il 26 febbraio 1957 la prima corte d'assise capitolina condannerà la ragazza a 14 anni di prigione (nella foto la notizia pubblicata sul quotidiano l'Unità del giorno successivo), che sconterà nel carcere delle Mantellate, più 3 da trascorrere in una struttura sanitaria psichiatrica: perché l'avvocato difensore Bruno Cassinelli riuscirà a farla dichiarare semi-inferma di mente dopo essere stata sottoposta a due perizie mediche. Il "caso Sabatini" finirà anche tra le schede di studio del Museo criminologico romano.