Anisakis? Ecco come riconoscere i sintomi

Bisogna stare attenti a ciò che si mangia, al ristorante come a casa. E se pensate che il pericolo maggiore in cui si possa incappare a tavola sia un mal di pancia, vi sbagliate. Esiste infatti una malattia, detta “del verme delle aringhe", che può provocare guai seri alla salute.

Il nome scientifico è anisakidosi, da anisakis, il verme parassita che si annida nelle pareti dello stomaco e che può essere ingerito mangiando pesce crudo, poco cotto, in salamoia o marinato. L’anisakidosi è diffusa soprattutto nelle zone dove si mangia abitualmente il pesce crudo, ad esempio in Giappone. Ma da quando sushi e sashimi sono diventati una moda alimentare, molti casi di questa patologia si sono riscontrati negli Stati Uniti, nel Sud-America, in Europa. Nella nostra regione, soprattutto sulla costa dove si mangia abitualmente pesce crudo e marinato (occhio soprattutto ad alici, carpacci di tonno e salmone), i casi diagnosticati sono diversi. Ma allora come comportarsi? C'è solo una cosa da fare, evitare pesce crudo o marinato, oppure consumarlo solo se si è certi che sia stato preventivamente congelato negli appositi abbattitori.

 

Nel caso in cui la tentazione sia stata più forte della ragione, è bene sapere che le sindromi da anisakis possono essere diverse, ognuna con specifiche avvisaglie. C’è l’anisakiasi gastrica, i cui sintomi compaiono a distanza di 4-12 ore dal pasto incriminato a base di pesce crudo o poco cotto. Chi ne viene colpito avverte nausea, vomito e dolore nella parte alta dell’addome. È bene recarsi in pronto soccorso e mettere al corrente i sanitari del fatto di aver mangiato pesce crudo. Si verrà indirizzati in Gastroenterologia dove si effettua una gastroscopia e si elimina immediatamente il verme che poi viene sottoposto a diagnosi parassitologica.
C’è poi l’anisakiasi intestinale acuta, che interviene da 12 ore a sette giorni di distanza dal pasto. Provoca febbre, dolori addominali nella parte bassa (tipo appendicite acuta), e diarrea. Alcune volte, come spiegano gli esperti, il verme in questione può entrare nella mucosa dello stomaco e dell’intestino: se non riesce ad andare oltre, viene espulso con le feci, se invece riesce a bucare la mucosa, viene aggredito dal sistema immunitario e si forma un granuloma che può dar vita ad un’occlusione a livello intestinale. In questo caso si tratta di anisakiasi cronica, e interviene 15 giorni dopo il pasto.

Se il verme riesce a perforare per intero la mucosa, fuoriesce dal tubo gastroenterico e vaga per le viscere. È stato rinvenuto in polmoni, milza, fegato. Ma questo potrebbe anche non dare alcun fastidio: il granuloma conseguente si risolve in circa sei mesi e il verme muore. Le larve di anisakis riescono a rimanere vive e vitali in un uomo fino a 8 settimane.

 

A parte l’anisakiasi, questo parassita molto più frequentemente procura allergie. Ce ne sono due forme: anisakiasi gastro-allergica, che riguarda l’11 per cento dei casi e provoca reazioni orticarie su parti del corpo non definite; e una forma anafilattica che può avere risvolti ben più gravi, arrivando a provocare anche shock anafilattici, e la morte. Proprio per questo, gli esperti ribadiscono con forza l’importanza di consumare pesce ben cotto: bastano 60 gradi centigradi per un minuto per uccidere il parassita. Mentre il pesce crudo si può mangiare solo se è stato preventivamente congelato, a meno 18 gradi per 24 ore.