C'è un giudice a Berlino, all'Aquila cercasi

 

Capisco la valenza mediatica del processo ma io sono l'unico giudice monocratico di questo tribunale e seguo circa 800 - 1.000 processi. Non posso fare distinzione tra essi, questo è uguale agli altri”.

Sono le parole di un giudice del tribunale dell'Aquila chiamato a decidere se l'ex capo della protezione civile Guido Bertolaso ha o meno responsabilità nella morte di 309 persone la notte del sei aprile del 2009, la notte del terremoto. Quel giudice, fissando fra quasi  4 mesi la seconda udienza,  ha di fatto assolto per prescrizione Bertolaso (che dice che ci vuole rinunciare, alla prescrizione, ma in realtà non lo fa) visto che il processo a questo punto difficilmente finirà a ottobre, mese nel quale scatta, appunto, la prescrizione.

La morte di 309 persone e la necessità di fare almeno chiarezza, se non proprio verità e giustizia (termini che in Italia non hanno più nessun significato perché la verità e la giustizia sono appannaggio di chi ha le risorse economiche per pagarsi schiere di avvocati, periti e quant'altro) sono "cose" del tutto incidentali, addirittura secondarie.

Quel giudice ci ha detto che condannare un ladro di polli (il 60 -70 per cento dei processi all'Aquila sono roba da multa o da qualche mese di carcere) è più importante che far luce su una tragedia che è stata lo spartiacque per la storia di una città capoluogo provocando una scia di dolore infinito. Ne prendo atto. I ladri di polli devono cominciare a preoccuparsi sul serio. Gli altri magari possono aspirare anche a fare i sindaci da qualche parte d'Italia.

Forse un giudice Berlino c'è. All'Aquila cercasi.