Il limbo delle collaborazioni giornalistiche

Foto tratta da Wikipedia.itChi scrive era rimasto quasi contento per l'approvazione dell'equo compenso sulle collaborazioni giornalistiche: è innegabile che 6,75 euro ad articolo (il minimo stabilito dalla norma) siano una somma irrisoria, incompatibile con un lavoro di qualità. Ma quella cifra era un parametro verosimile - con cui purtroppo doversi confrontare - anche prima dell'approvazione dell'equo compenso: metteva inoltre in chiaro che un collaboratore, in virtù anche del tetto sul numero degli articoli retribuibili, è un esterno sul quale un'azienda non dovrebbe fare affidamento per mandare in edicola (o in onda) il suo prodotto. Responsabilizza, infine, i collaboratori. Disse una volta Will Eisner a Frank Miller: «Non è che [gli editori] ti vogliano fregare: ti offrono qualcosa, e puoi accettarlo oppure no». Vale anche il contrario: Eisner, come editore, è stato tra i tanti ad aver rifiutato Superman di Jerry Siegel e Joe Shuster.

Da qualche settimana ho cambiato idea. Perché mi sono reso conto che, come nella danza del limbo, più si abbassa l'asticella dei compensi, più qualcuno vuole abbassarla. A breve è prevista la nascita di un nuovo quotidiano on-line, creato da M&N Service (quelli di Pescara Pescara e Zoom, per capirci) e la redazione cerca collaboratori: il compenso è di un euro ad articolo (la foto è compresa nel prezzo).  Negli ultimi anni si parla molto di un nuovo giornalismo, un giornalismo "diffuso" in grado di raccogliere le collaborazioni di chiunque trasformando i lettori in qualcosa di più. Si fanno conoscere espressioni come giornalismo collaborativo e citizen journalism (ma Wikipedia riporta anche "open source journalism, street journalism e grassroots journalism").  Non voglio stigmatizzare l'editore: il suo comportamento segue l'andamento del mercato. Il pubblico non è più disposto a pagare l'informazione, la pubblicità è in crisi, i professionisti della comunicazione hanno sempre meno importanza. Forse però non è corretto contattare per un'iniziativa del genere degli iscritti all'ordine professionale, che quindi andrebbero riconosciuti come giornalisti "veri". Sono convinto che il citizen journalism non sia ben rappresentato dal progetto di giornalismo diffuso targato M&N Service, ma potrei anche sbagliarmi. Quello di cui sono sicuro è che esistono un giornalismo buono e uno cattivo, ed è raro trovare in vendita il primo a solo un euro. (p.d.s.)