PALLA AL CENTRO

Il Var non è la verità assoluta

Come volevasi dimostrare l’introduzione, in via sperimentale, del Var (Video assistant referee) in serie A non ha ridimensionato le polemiche attorno alle decisioni arbitrali. Impossibile solo immaginarlo per il semplice motivo che attorno alla discussione l’approccio non avviene in maniera oggettiva, ma faziosa. Spesso le argomentazioni sono figlie di interessi di parte. Discussioni tra tifosi, da bar sport, in cui vengono riversate frustrazioni e rancori. Sul piano oggettivo va detto che l’applicazione del Var ha mostrato delle falle in queste prime giornate. Inevitabile, perché l’aiuto della tecnologia è in una fase sperimentale. Non c’è un protocollo: va scritto in base alle esperienze che, per l’appunto, stanno maturando. Di conseguenza, può accadere che in uno stadio un episodio venga esaminato e in un altro no; che il Var veda il fallo da rigore su Galabinov a Genova, ma che nella fretta gli sfugga il fuorigioco del bulgaro e quindi suggerisca all’arbitro di assegnare un rigore viziato da irregolarità. Gli errori in fase di sperimentazione fanno parte del gioco. Anche perché il Var non è la verità assoluta, ma un mezzo per aiutare gli arbitri ad eliminare le sviste clamorose. Non basta, però, ai complottisti di professione, perché in Italia siamo abituati a dividerci su tutto, a maggior ragione nel mondo del calcio. La polemica - anche se fine a se stessa - non manca mai. Ecco perché il Var anche se migliorato nella sua applicazione non potrà cancellare sospetti e dubbi di chi si ciba della contrapposizione a ogni costo.