L'Aquila, la scossa ci riporta alla realtà

Lo stato di precarietà in cui si trova L'Aquila a quasi 8 anni dal sisma dell'aprile 2009  emerge in tutta la sua crudezza in queste ore dopo la scossa delle 7.40 di magnitudo 6.5 che si è sentita forte pure da queste parti. La città  storica è tornata abitabile in minima parte  (sono stati rifatti solo palazzi vincolati). Nelle zone rosse che ci sono, eccome se ci sono,  il pericolo è forte (è recente la polemica sulla sicurezza del centro storico, polemica che il terremoto di stamani ha spazzato via mettendo tutti di fronte alla verità dei fatti), si parla di crepe all'ospedale San Salvatore, le chiese non sicure al cento per cento sono state chiuse, l'università domani sarà chiusa per tutti anche  per i dipendenti, aperte aree di primo soccorso,  non si possono frequentare alcune zone del cimitero perché pericolanti,  i centri storici delle frazioni  sono sicuri perché non ci sono le persone e si vedono pochissimi cantieri. La città si è spostata nella immediata periferia (ricostruita quasi tutta) e più di 10.000 persone sono ancora nelle strutture provvisorie (piani case a map). Nei giorni scorsi la ricostruzione dell'Aquila è stata celebrata con inni e canti da politici "beatificati" da costruttori e portatori di interessi vari. La scossa di oggi ci ha riportato alla realtà: c'è bisogno di poche chiacchiere, meno convegni sul nulla (pagati da sponsor interessati),  meno politica politicante, più fatti, più sicurezza, meno rattoppi, più lavoro vero (e non solo pompato con i soldi pubblici) e una visione del futuro di una città che , lo dicono i numeri, si sta svuotando  di speranze e di persone che hanno voglia di fare e non solo di vivere di rendita . Ma la scossa di oggi sarà presto dimenticata e tutti penseranno alle elezioni comunali del 2017. Preparatevi a sentire balle in quantità industriale.