Matteo, il suo sangue e una lezione

Matteo è lì, in quest'ala dell'ospedale. Con una mano si sostiene il braccio e con l'altra sorseggia un succo di frutta. In una mattina qualunque di un qualunque giorno della settimana. Eppure in questa storia il qualunquismo proprio non c'entra.

Perché Matteo ha la capacità di trasformare un giorno come tanti, in un giorno assolutamente speciale. Per farlo, questa mattina ha scelto di non andare a fare colazione in centro con gli amici, ma è passato in Fidas a donare il sangue.

Matteo è uno studente di Architettura, e come lui qui in questa fredda mattina di gennaio, nel corridoio del Centro trasfusionale di Pescara, c'è l'operaio, l'insegnante, il disoccupato, la commessa. Persone normali, che poi sono i nostri amici zii cugine o fidanzati. Persone che rendono una giornata uguale a tante altre, assolutamente speciale. Sì lo so che lo sappiamo, ma non l'avevo mai capito fino in fondo. Poi ho osservato in silenzio il loro discreto via vai, ho visto la premura dei volontari dell'associazione Fidas nei loro confronti, i gesti precisi e veloci di medici e infermieri, i sorrisi accomodanti dei donatori. Lo sguardo di Matteo che si alza dall'iphone e incrocia il mio. "Perché lo fai? Perché doni il sangue?", chiedo. "Anche mio padre è un donatore, è stato lui a spiegarmi il perché". "E qual è?". "Tu. Ma anche quello lì in fondo col cappellino o la ragazza al cellulare. La risposta siete voi, siamo tutti noi". E ho capito.

 

Twitter: @Melissa_Di_Sano