Me lo immagino, Paolo...

taccuinoMe lo immagino, Paolo, in quell’estate divent’anni fa alle prese con la pantera. Più sfuggente e indecifrabile della bestia nella giungla di Henry James, più enigmatica della tigre di William Blake. Per uno come lui, niente cazzate ma solo fatti, occuparsi di un fantasma deve essere stata una tortura insopportabile. Ma i colleghi della cronaca di Pescara del Centro sapevano di poter contare su un soldato della notizia (anche quando era farlocca), un giornalista che non si tirava indietro mai, uno di quelli che, oggi, i manager o aspiranti tali (un tipo umano più distante da lui non è immaginabile) direbbero un lavoratore h24. Sì, perché Paolo Antonilli era anche e soprattutto questo. Non si tirava mai indietro e non mollava l’osso. Un giornalista più degno di questo nome di noi che, dalla redazione, lo chiamavamo per assegnarli servizi, verificare notizie, scrivere. E Paolo scriveva, con una velocità che farebbe impressione anche di questi tempi quando, con le tecnologie sconosciute venti o trent’anni fa, anche un brocco e un lentigrado nel pensare e capire può travestirsi da campione di rapidità. Paolo era questo e tante altre cose. E io non riesco a trovare parole più degne e meno retoriche di queste per ricordarlo e rimpiangerlo. Paolo Antonilli era il migliore di tutti noi. Giuliano Di Tanna