ricostruzione..della rendita

DAL BLOG DI UGO CENTI:

 

 

Stanno ricostruendo la rendita, non la città"

ROSETO. Non so come raccontarla questa occasione di ricordo promossa dall’assessore alla cultura del comune di Roseto, Maristella Urbini, (che ha assistito a tutta la manifestazione) tra la “Città delle Rose” e L’Aquila a cinque anni dal terremoto. E dal quel vero e proprio “esodo” che portò circa 6 mila aquilani a soggiornare per mesi in riva all’Adriatico. I nomi li leggete nell’immagine accanto. Qui basta dire che la cosa è avvenuta al Palazzo del Mare, con i giornalisti ognuno a suo modo “testimoni” del post-sisma aquilano, Giustino Parisse e Umberto Braccili. Con Sergio Bianchi, rappresentante di una associazione di genitori di studenti “non aquilani” (è importante questa distinzione, purtroppo) vittime del sisma. Con “La Lanterna Magica”, partener del comune di Roseto anche per questa iniziativa.

Partirei allora dalle immagini. Immagini forti. Un pugno nello stomaco. Girate da un giovane regista, Daniele Campea. Un “corto” di venti minuti su Onna, il paese distrutto dal sisma. Il Paese di Giustino Parisse e dei suoi cari strappati via dal terremoto.

Queste immagini sono particolari. Riprendono quelle raccolte per far vedere come era il loro paese agli onnesi emigrati in America e Australia: ritraggono Onna a metà degli anni ’60, quando era ancora un paese contadino. Poi passano agli anni ’90, quando il cosiddetto “progresso” l’aveva cambiata. Quindi si soffermano sulle distruzioni del 2009 e si concludono con la speranza di rinascita compendiata in due bambini piccoli che giocano abbracciati in un prato del villaggio “provvisorio” del post-sisma.

Io ho visto l’empatia nei volti dei rosetani presenti in sala davanti allo schermo. Io ho visto la commozione negli occhi sensibilissimi di una mia amica in platea. Ho visto Maristella Urbini che guardava Parisse mentre scorrevano i fotogrammi. Ed ho rivisto me bambino. Perché quell’Onna che non c’è più, quell’Onna anni ’60 (e forse non solo essa) non la capisci se quella storia non “hai” nel senso di “Have” di Hemingway se così si può dire. Quei volti scavati dalla fatica contadina. Quelle allegre feste paesane, quei carretti trainati dai buoi (appunto chiamati “traini” in dialetto) io li ricordo: Ricordo lo sbuffo di quelle narici animali quasi a sfiorare il finestrino della Giulia Alfa Romeo di mio padre in “servizio irriguo” da quelle parti con me “al volante” sulle sue ginocchia.
Io quella Onna la conosco, ma – e qui introduco una notazione strettamente mia – non la voglio ricordare. Come voglio dimenticare quella Aquila. E’ una pagina. Girata, per me.

Ma quella Onna, caro Giustino, non esisteva più già molto prima del sisma. Non l’ha cancellata il sisma, l’ha cancellata il tempo. E quando tu dici, come hai detto a Roseto, aggiungendo “Qui c’è Ugo Centi che spero lo scriva nel suo blog”, del che ti ringrazio moltissimo; quando dici: “Questo terremoto non ha insegnato niente. All’Aquila si sta ricostruendo la rendita dei ricchi, non la città”. Ebbene quando lo dici, ed io sono perfettamente d’accordo, aggiungerei che quegli stessi meccanismi di potere la “Città, intesa come il filmato l’intendeva, l’avevano già macinata prima. Ecco perché sarà ricostruita nelle mura, non nei cuori. Od almeno non nei nostri cuori, ma forse solo in quelli dei bambini bellissimi del filmato stesso, come forse è giusto che sia.

“La chiesa di Onna - hai aggiunto, caro Giustino - si sta rifacendo intorno al nulla della macerie. Potevano buttarci tre o quattro volte in euro di quanto danno per un solo palazzo in centro e fare di Onna e delle frazioni un “simbolo” un modello di rinascita, ma non lo hanno saputo fare”. Io non so se non lo hanno saputo o voluto o semplicemente non lo hanno ritenuto importante. Forse non gli interessava. Sanno che gli elettori non li giudicheranno su quello. Sanno che altre cose sono importanti in politica. Sanno, purtroppo.

Ma prima che mi scappi la penna, e la pazienza, debbo dire di un altro caro amico, di Roseto, che a l’Aquila ha dedicato una parte della sua vita, non solo professionale: Umberto Braccili. Con le sei mila copie vendute a puro titolo benefico del suo libro “Macerie dentro e fuori”. Senza contare le 1.200 copie liberamente scaricabili dal suo sito www.umbertobraccili.it. Con i suoi servizi giornalistici di “Lo dico al Tg Abruzzo”. E parlando di Braccili approfitto qui per mandare un saluto grande grande al suo papà, Luigi detto Gigino, una “istituzione” rosetana. Sta attraversando un brutto momento. Mi ha invitato, il 15 febbraio scorso, a casa sua: qui a Roseto. Mi ha fatto vedere l’immaginetta di ceramica lesionata la notte del terremoto sotto la quale ha scritto “3.32, L’Aquila Bella Me”, di cui stasera Umberto ha parlato. Forza Gigino: abbiamo ancora quella cena da fare: e stavolta pago io! Ecco un esempio di quanto è forte l’attaccamento rosetano verso L’Aquila. Molto più forte del contrario, ne sono certo. L’Aquila è bellissima vista qui da Roseto. Molto meno – ed ancora il mio io che parla – vista, e conosciuta, da vicino: prima, e soprattutto, dopo, il sisma. E adesso basta, se no mi incazzo veramente.

Ugo Centi, Roseto 7 giugno 2014