Ball, solo lavoro all’estero Sette giorni per decidere 

San Martino sulla Marrucina, l’azienda di lattine conferma i 70 licenziamenti Protesta dei lavoratori sotto la prefettura a Chieti: «Adesso andiamo a Roma»

SAN MARTINO SULLA MARRUCINA. Ennesima doccia fredda per la Ball di San Martino sulla Marrucina. Nel vertice in prefettura si registra una chiusura su tutta la linea del vertice aziendale e un’offerta che sa di provocazione: ricollocazione del personale nelle altre aziende del gruppo, ma fuori Italia e a patto che i lavoratori decidano in una settimana. Una proposta che ha spiazzato, non tanto nel merito quanto per i tempi e i modi, e che ha suscitato anche una presa di posizione piuttosto dura da parte del prefetto Antonio Corona.
Si è svolto ieri l’incontro in prefettura sull’industria di lattine che l’11 ottobre scorso ha improvvisamente annunciato la chiusura dello stabilimento di Campo Trino, mettendo alla porta i 70 dipendenti, oltre ai 15 dell’indotto. I dipendenti Ball, intervenuti in massa hanno presidiato il vertice con bandiere e striscioni, mentre i rappresentanti sindacali e i sindaci del territorio si sono confrontati con i vertici aziendali. Per i sindacati erano presenti Andrea De Lutis, Domenico Adorante e Giuseppe Grazioso della Fiom Cgil e Dorato Di Camillo e Licio Marascia della Fim Cisl. Per l’azienda c’era l’amministratore delegato del gruppo Italia, Lorenzo Garbellini, e i due avvocati Livio Bossotto e Claudio Chiarella assoldati dall’azienda per curare la vertenza. Oltre al sindaco di San Martino Luciano Giammarino, c’erano poi gli altri sindaci del comprensorio Simone Dal Pozzo (Guardiagrele), Ignazio Rucci (Ripa Teatina), Rocco Micucci (Rapino), Adamo Carulli (Roccamontepiano) e Fabrizio Montepara (Orsogna).
L’incontro, partito a mezzogiorno e terminato oltre due ore dopo, si è chiuso con il prefetto che si è detto disponibile a cercare di far sì che la vertenza arrivi il più presto a Roma, sul tavolo del Ministero per lo sviluppo economico e con la proprietà che ha respinto tutte le richieste dei sindacati. «Avevamo chiesto», spiega De Lutis della Cgil, di ritirare i licenziamenti o quanto meno sospenderli e di trattare su un possibile anno di cassa integrazione. Ma loro non ne hanno voluto sapere. Hanno persino rifiutato la proposta degli operai di rinunciare ai premi di produzione, rimandando indietro qualcosa come 2 milioni e mezzo di euro in 3 anni. Tanto meno si sono dimostrati interessati agli sgravi fiscali, su Imu e Tari, messi a disposizione dal sindaco Giammarino».
«Hanno deciso di andare avanti sulla loro strada senza ripensamenti», aggiunge Di Camillo della Fim Cisl, «hanno offerto soltanto di trattare sugli incentivi all’esodo e sugli aiuti in caso qualcuno decida di accettare l’offerta di trasferirsi fuori dall’Italia». Ma i sindacati all’unisono hanno risposto che questo non è il momento di parlare di incentivi. Se non ci sono possibilità di continuare la produzione nel sito di San Martino, allora la priorità deve essere quella della reindustrializzazione. «Perché la chiusura del sito Ball a San Martino non significa solo la fine di un’azienda ma la morte di un territorio», dice Di Camillo.
Ma su questo punto la proprietà è rimasta muta, almeno al momento. Se ne riparlerà comunque nei prossimi incontri.
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