l'incontro

Chieti, D'Alfonso: niente profughi nell'ex Ipab

Il presidente della giunta regionale lapidario: "Questa struttura non è compatibile per ospitare immigrati. Dobbiamo trovare soluzioni altrove". Il ringraziamento del sindaco Di Primio

CHIETI. «Questa struttura non è compatibile per ospitare immigrati. Dobbiamo trovare soluzioni altrove, fermo restando che una comunità nazionale ha diritto di chiamare a raccolta le istituzioni territoriali per ragioni di solidarietà». La frase, inequivocabile, del presidente della Regione Luciano D’Alfonso mette d’accordo tutti e smorza le polemiche sull’ipotesi di poter ospitare la ventina di profughi negli istituti di assistenza “San Giovanni Battista”. D’Alfonso è arrivato ieri pomeriggio alla casa di riposo per parlare con il presidente Dario Recubini. Ad attenderlo, però, non c’erano solo Recubini e la direttrice della struttura Luisa Caramanico, ma anche una bella fetta di Amministrazione comunale. Dal sindaco Umberto Di Primio, agli assessori comunali Roberto Melideo ed Emilia De Matteo, ai consiglieri comunali Emiliano Vitale, Palmerino Di Renzo e Maurizio Costa, oltre agli altri due consiglieri che lavorano all’ex Ipab, Vincenzo Ginefra e Bassam El Zohbi. Erano presenti, inoltre, diversi dipendenti e in particolare quelli aderenti al sindacato Diccap-Confsal del segretario provinciale Smeraldo Ricciuti, pure lui in prima linea. Dopo un’ora di attesa, D’Alfonso si è presentato con addosso la felpa della Protezione civile, retaggio delle celebrazioni della Giornata del volontariato, e accompagnato dal candidato sindaco Luigi Febo, che ha rivendicato di aver assunto la posizione che poi ha prevalso, e dal consigliere comunale Filippo Di Giovanni. «Conosco bene questa struttura», ha detto subito il presidente, «perché 25 anni fa, in un anno molto particolare, vi passavo 8 ore al giorno. So che ci sono problemi di compatibilità dal punto di vista dell’utenza preesistente. So anche che ci sono esigenze di bilancio, ma non possiamo determinare una innaturalezza di funzioni per farvi fronte. Queste esigenze devono essere soddisfatte con gli strumenti che ci consentono la buona amministrazione regionale e la buona condotta normativa». La richiesta di ospitare i migranti è stata avanzata proprio tenendo conto delle grandi difficoltà finanziarie che vive la storica struttura che fornisce assistenza a 120 persone, tra anziani e pazienti con problemi di handicap, assicurando un posto di lavoro a 72 addetti, che, però, faticano ad essere pagati regolarmente, sono soggetti a turni di lavoro stressanti e devono far fronte a carenze quotidiane. L’ultima proprio ieri, quando non si trovavano soldi per acquistare i pannoloni. A riguardo D’Alfonso ha annunciato nuovi fondi (altri 300 mila euro per ampliare l’idoneità della struttura), ha ribadito la volontà di riaprire la sede di Villa degli Ulivi e si è impegnato a sollecitare la Asl a risolvere il contenzioso con il “San Giovanni”. A stare ai conti di Recubini, infatti, dalla Asl si attendono 2 milioni di euro, mentre altri 600 mila euro dovrebbero arrivare dai Comuni. Per quanto riguarda i 200 mila di Chieti, il sindaco ha annunciato la volontà di pagare, gli uffici, però, devono prima stabilire se l’importo è congruo, «perché non vorremmo dover pagare per persone non residenti in città», ha precisato Di Primio. Smessi i panni del contestatore dietro il mega striscione di CasaPound, le prime parole del sindaco, prima ancora che D’Alfonso dicesse il suo no all’arrivo dei profughi, sono state di ringraziamento nei confronti del presidente per la sua visita e di spiegazione dell’azione dimostrativa di qualche giorno fa. Intanto poche ore prima per Di Primio era arrivata anche la sponda politica dell’onorevole Fabrizio Di Stefano che ha presentato un’interrogazione parlamentare che chiede di sapere se ci sono strumenti sufficienti che garantiscano alle Prefetture il controllo delle persone che arrivano nel nostro Paese. L’occasione, ovviamente, è stata propizia per ribadire il no ai profughi nella casa di riposo e quindi supportare la protesta del suo sindaco.