il caso

Chieti, dimesso dall’ospedale, muore d’infarto 24 ore dopo

Il pm sequestra la cartella clinica e ordina l’autopsia, la vittima è un ingegnere di 62 anni. La compagna avvocatessa chiede giustizia

CHIETI. «Non perda un solo secondo di tempo, deve tornare in ospedale», gli dice il medico di famiglia. Ma ormai è troppo tardi. Belisario D’Antonio, 62 anni, ingegnere originario di Greccio (Rieti) perde conoscenza in auto, mentre la compagna P.S., giovane avvocatessa teatina, lo sta riaccompagnando al policlinico di Colle dell’Ara. Muore prima di arrivare in ospedale da dove era stato dimesso 24 ore prima. Sono attimi terribili quelli vissuti martedì scorso. E’ un dramma che diventa tragedia. La donna scende dall’auto e chiede aiuto a un automobilista che chiama il 118. Gli operatori del soccorso arrivano subito e tentano di rianimare l’ingegnere senza riuscirci, quindi lo caricano sull’ambulanza per portarlo in ospedale dove D’Antonio però arriva morto. Era stato dimesso lunedì mattina dopo che un medico e un’infermiera avevano rassicurato la coppia con la frase «Non c’è alcun pericolo».

Ieri mattina, il sostituto procuratore, Giuseppe Falasca, ha disposto il sequestro della cartella clinica dopo aver aperto un’inchiesta contro ignoti per omicidio colposo, ordinando per oggi l’autopsia. A rivolgersi alla polizia è stata la giovane avvocatessa di Chieti Scalo, assistita dal collega Roberto Di Loreto.

La compagna dell’ingegnere è sconvolta ma non crede al caso fortuito. Vuole sapere se c’e stata una colpa medica: una negligenza nel dimettere dall’ospedale il paziente che non stava bene come al contrario le avevano detto. D’Antonio è morto presumibilmente per un attacco cardiaco i cui segnali c’erano già da domenica scorsa quando, alle 17, sente un forte dolore al petto mentre passeggia per il centro di Pescara con la compagna. All’ospedale di Chieti, dove la coppia si reca subito, gli prelevano il sangue e scoprono che uno degli enzimi cardiaci, campanello d’allarme dell’infarto, non rientra nei valori limiti. Il paziente è un forte fumatore oltre che iperteso. Le premesse per ritenerlo un caso a rischio ci sono tutte. Così viene trattenuto in ospedale perché, dicono i medici, dev’essere sottoposto periodicamente ad elettrocardiogramma e a controlli degli enzimi cardiaci. Ma già da lunedì qualcosa comincia a non andare nel verso giusto perché D’Antonio viene tenuto in attesa fino alle 19 per una visita cardiologica. Il motivo del ritardo? Negli atti in mano alla procura si legge che un medico lo rassicura con la frase: «La situazione non è preoccupante». La stessa frase viene ripetuta dall’infermiera che in serata l’accompagna in ambulatorio per eseguire un’ecografia cardiaca. «Lei fuma troppo. Deve solo smettere, ma non è in pericolo di vita», gli dicono ancora una volta per tranquillizzarlo. E lo dimettono alle 8,57 di martedì scorso senza fargli la prova da sforzo. D’Antonio, dopo averla prenotata, sarebbe dovuto tornare ieri mattina in ospedale per sottoporsi all’esame. Ma mercoledì, alle 9.30 e a casa, accusa il malore. E poco dopo muore mentre l’ambulanza corre verso l’ospedale che lo aveva dimesso.