Chieti, inchiesta 'ndrangheta: sfilano 9 arrestati ma solo due parlano

Tribunale blindato nel giorno degli interrogatori davanti al gip De Ninis per l'indagine su droga e usura che ha portato a 19 arresti e altre 17 persone denunciate

CHIETI. Tribunale blindato per i primi interrogatori, davanti al gip di Chieti, Luca De Ninis, nell’ambito di “Design”, l’inchiesta della Dda dell’Aquila, che ha portato a 19 arresti e ad altre 17 denunce. Tra i reati contestati a vario titolo agli indagati figura anche l’associazione per delinquere di stampo mafioso. Ieri davanti al gip sono comparsi Tonino Ballone, 43 anni, di Pescara, Enea Nelo, 29 anni, albanese residente a Francavilla cognato di Simone Cuppari, il 36enne calabrese residente a Francavilla, arrestato poiché considerato dalla Procura a capo della piramide, Giuseppe Lopresti, 33 anni, residente a Brancaleone ma domiciliato a Miglianico, che si è costituito dopo la prima ondata di arresti, Costantino Misiano, 59 anni, di Brancaleone ma residente a San Giovanni Teatino, colpiti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere; Francesco Paolini, 27 anni, di Pescara, Rocco Sanvitale, 39 anni, di Torrevecchia Teatina, Antonio Mesiano, 51 anni, originario della Calabria e residente a San Giovanni Teatino, agli arresti domiciliari; Vincenzo Pantalone, 53 anni, di Francavilla, e Davide Sini, 49 anni, di Pescara, raggiunti da misura interdittiva ma non detentiva. La maggior parte delle persone ascoltate ieri si è avvalsa della facoltà di non rispondere. È il caso di Costantino Misiano, difeso dall’avvocato Benedetto Spinazzola, o di Giuseppe Lopresti, difeso dagli avvocati Stefano Sassano e Massimo Ritucci. «In questa fase», ha detto l’avvocato Spinazzola, «ci siamo limitati alla comparizione davanti al giudice delegato, in attesa di visionare meglio gli atti della Dda dell’Aquila. Ci riserviamo ulteriori istanze».

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Anche Lopresti, come ha sottolineato l’avvocato Sassano «ha ritenuto di non fare dichiarazioni al magistrato. Stiamo ancora approfondendo diverse questioni, rispetto al quadro delineato dai magistrati, con elementi da ridimensionare, che porteremo al tribunale della libertà». Il legale depositerà a giorni il ricorso. Tonino Ballone, difeso dall’avvocato Goffredo Tatozzi, si è detto estraneo all’associazione per delinquere di stampo mafioso che gli viene contestata. L'uomo ha giustificato la conoscenza con Cuppari, affermando di aver lavorato per lui come piastrellista nella realizzazione di un villaggio turistico a Brancaleone, producendo anche un computo metrico del villaggio a sostegno della sua linea difensiva. Ballone ha anche detto di non conoscere molti degli altri indagati. L’avvocato Tatozzi ha presentato istanza di rimessione in libertà o di arresti domiciliari con il braccialetto elettronico. Anche Nelo ha risposto all’interrogatorio, difeso dall'avvocato Giovanni Nunnari. Da quanto si è appreso si è limitato a confermare la parentela con Cuppari, ma ha negato le accuse. Secondo le risultanze investigative, la cellula importava droga dalla Lombardia. I proventi venivano poi reinvestiti nell’usura, che serviva a finanziare operazioni come l’acquisizione di attività commerciali pulite.

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