Chieti, la banda delle auto acquistate e mai pagate

In 24 rinviati a giudizio per associazione per delinquere finalizzata a truffa e ricettazione. Assegni insoluti e macchine rivendute all'estero

CHIETI. Auto vendute e mai pagate. Assegni che rimanevano insoluti e prima che si riuscisse a fare qualcosa, le macchine erano già sparite all’estero. Riciclate nei paesi dell’Est, principalmente in Bulgaria. Dove poi cambiavano targa e documenti e tornavano sul mercato. Questo il "modus operandi" di una presunta associazione a delinquere che ha portato a 24 rinvii a giudizio. Dovranno rispondere, a vario titolo, di associazione a delinquere, falsità materiale, truffa, ricettazione, sostituzione di persona e soppressione, distruzione e occultamento di dati veri.

Si tratta dei frentani Felice Di Fazio, Luigi Di Nunzio, Vittorio Natale, Angelo Veleno, Massimo Caporrella e Marco Caporrella, degli ortonesi Romano Gargarelli, Antonio Marinelli e Kelly D’Amico, dei bulgari Hristov Nikolay Kovachev, Dimcho Dimov e Ivan Demirov Karabashakov, del pescarese Innocenzo Silvetti, dell’orsognese Felice Di Lello, dei molisani Angela Ciccone, Antonio Terriaca, Antonio De Santis, Nicola Del Gesso e Angelo Pinelli, dello slovacco Miroslav Hosch, dei residenti di Perano Felice Annunziato Pasquini, di San Vito Lorenzo Verì, di Cervia Valeria Giovannini e di San Severo Marco Grassi.

Secondo l'inchiesta della Procura, l’associazione a delinquere era finalizzata a diversi tipi di reati, fra i quali «la falsificazione e sottrazione di targhe e documenti di circolazione di autovetture al fine della loro esportazione illecita» e una serie di truffe «in particolare ai danni di vari commercianti dai quali, dietro lo schermo di apparenti solide società, costituite al fine di ingenerare il falso convincimento della solvibilità e sempre presentandosi con false generalità, gli accusati si facevano consegnare ingenti quantitativi di svariata merce corrispondendo il prezzo con assegni e ricevute bancarie che rimanevano insoluti, per poi rivendere le stesse e chiudere la sede aziendale». (a.i)