Fausto Filippone appeso alla recinzione dell'A14 poche ore prima di gettarsi di sotto

LA TRAGEDIA DELL'AUTOSTRADA

Filippone idoneo a utilizzare la pistola

Superata la visita psichiatrica, ma non aveva presentato la domanda in questura. Nel giorno della tragedia sarebbe dovuto andare a fare pratica. L'ultima volta Ludovica è stata sentira dire le parole "poligono" e "sorpresa"

CHIETI. Fausto Filippone aveva superato due visite mediche per ottenere il porto d’armi a uso sportivo, l’ultima appena 5 giorni prima del duplice omicidio-suicidio. La prima visita Filippone l’aveva fatta con il proprio medico curante, a Pescara, per il rilascio del certificato anamnestico, documento che attesta se la persona che richiede il porto d’armi soffra di malattie del sistema nervoso, turbe psichiche e usi psicofarmaci; la seconda l’aveva fatta il 15 maggio scorso con uno psichiatra del Centro di igiene mentale di Chieti. L’esito della visita psichiatrica, un colloquio eseguito martedì scorso, dice che Filippone, dirigente della Brioni di 49 anni, avrebbe potuto maneggiare una pistola senza rischi per terze persone: idoneo, questo il responso del Centro di igiene mentale teatino. Eppure è la stessa persona che, dopo soli 5 giorni, ha ucciso prima la moglie Marina Angrilli spingendola giù da un balcone al secondo piano di una palazzina di Chieti Scalo e poi la figlioletta Ludovica gettandola da un viadotto dell’A14 alto 40 metri. E alla luce della tragedia di domenica scorsa gli investigatori della squadra mobile di Chieti ipotizzano che il piano originario di Filippone potesse essere quello di eliminare la sua famiglia con un’arma. Ma, per avere una pistola, il manager avrebbe dovuto aspettare ancora settimane: la domanda alla questura di Chieti non era stata presentata. Durante la visita psichiatrica, test decisivo ai fini del rilascio della licenza, nessuno si è accorto della pericolosità di Filippone: è passato inosservato quel malessere covato in silenzio da circa un anno e mezzo, come lui stesso ha rivelato ai mediatori dei carabinieri durante l’estenuante trattativa per evitare che mollasse la presa della rete e si lasciasse cadere dal viadotto Alento. La richiesta del porto d’armi è una sorpresa per i familiari: Filippone non aveva mai avuto la passione per le armi e l’iter per la licenza del porto d’armi era cominciato da circa un mese. Per il rilascio, mancava ancora un tassello: la prova pratica. Era in programma al poligono di Pescara, in via Maestri del Lavoro, per domenica scorsa, proprio lo stesso giorno della tragedia, ma quel test è saltato: con una telefonata, Filippone ha comunicato ai gestori del poligono che avrebbe saltato l’appuntamento fissato alle 9,30 a causa di un contrattempo improvviso. Ufficialmente, quel giorno, Filippone è uscito con la moglie per andare a comprare una lavatrice. Ma, dopo aver provocato la caduta della donna da 10 metri d’altezza, mentre si spostava in macchina da piazza Roccaraso a Chieti Scalo verso la casa familiare di via Punta Penna, Filippone ha telefonato alla figlia e proprio lei, correndo verso il padre, ha sussurrato contenta le parole «poligono» e «sorpresa». (p.l.)