«Ho reagito a quei banditi, per fortuna non ho armi» 

Cupello. Parla l’orefice rapinato: tre punti di sutura alla testa e costola fratturata «È triste dover venire al lavoro con il timore che ti possa succedere qualcosa»

CUPELLO. Tre punti di sutura sulla nuca e una costola rotta non hanno impedito a Mario Boschetti, il titolare della gioielleria-orologeria rapinata lunedì mattina da tre banditi armati di pistola, di tornare ieri dietro il bancone del suo locale. Riservato, estremamente pacato nei modi, ma anche determinato, l’orefice non riesce a nascondere la propria rabbia nel ricordare quei minuti di terrore. Ha accettato di parlare col Centro perché, attraverso il quotidiano dell’Abruzzo vuole invitare tutti a fare squadra per dare un nome ai banditi. Boschetti chiede a chiunque avesse particolari utili a identificare la gang che lo ha aggredito a collaborare con i carabinieri.
«Spero», dice, «che la telecamera che ha ripreso i rapinatori sia di aiuto ai carabinieri. I militari sono stati bravissimi. Sono intervenuti pochi minuti dopo essere stati chiamati ma quei tre sapevano esattamente come e dove scappare». Boschetti non esclude che fra i tre ci sia un basista. «Una mela marcia», spiega, «in un paese dove tutti si conoscono e dove si vive ancora serenamente». Chi lo ha aggredito e ferito non è però del paese. «Ha chiesto di entrare fingendosi un cliente», ricorda Boschetti. «Non era un volto noto, ma ho aperto la porta perché i miei clienti non sono tutti del paese». Una volta dentro, il finto cliente ha aspettato che Boschetti aprisse la cassaforte e lo ha colpito. «Io però ho reagito», racconta l’orefice. «Ho cercato di difendere quello che era mio. È stato istintivo. Fortunatamente non avevo armi in negozio. Sono momenti terribili. C’è stata una colluttazione. Lui mi ha fatto cadere e mi è salito sul petto rompendomi una costola e immobilizzandomi. Poi ha fatto entrare i due complici».
Non è escluso che i due fossero del paese o della zona. Col volto coperto da passamontagna non hanno detto una parola. «Ha parlato solo il finto cliente. Aveva un accento tipicamente meridionale, ma non sono riuscito a distinguere l’inflessione dialettale», si rammarica la vittima.
Una volta preso il bottino i tre sono scappati per un tratto a piedi prima di salire su una Fiat 500 L bianca. «Devo dire che subito dopo è scattata la generosità dei cupellesi», aggiunge commosso Boschetti. «Sono stati tutti molto cari. Il 118 mi ha caricato sull’ambulanza per portarmi in ospedale ma in tanti hanno cercato di darmi una mano. Quando dopo le cure sono tornato a casa ho ricevuto tantissimi attestati di stima. Uno dei primi a chiamarmi è stato il sindaco, Manuele Marcovecchio. Anche i carabinieri e la polizia locale sono stati encomiabili così pure il personale del pronto soccorso dell’ospedale San Pio. Si sono tutti preoccupati di aiutarmi non solo fisicamente ma anche psicologicamente», afferma Boschetti riconoscente.
Ora l’orefice è tornato al lavoro. «Questa è la mia attività, è la mia vita. È triste dover venire al lavoro con il timore che ti possa accadere qualcosa. È triste che in un paese che viveva con le porte di casa aperte adesso, per colpa di qualche mela marcia, non ci sia più il clima sereno di un tempo».
La rapina a Boschetti ancora una volta ha raccontato la violenza di balordi senza scrupoli. Balordi che, come accaduto al povero Antonio Lizzi a Monteodorisio salgono sul tuo corpo massacrandoti. «Spero tanto che i carabinieri li trovino», conclude Boschetti. (p.c.)
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